ABSTRACT: This study succinctly illustrates the concept of abuse of rights within civil and tax law, with an evolutionary reconstruction from its origins to recent applications in procedural law, where it has assumed a well-defined position with a regulatory framework of a sanctioning nature, aimed at reducing litigation by repressing the abuse of process. The work is divided into three parts (I: The abuse in civil law; II: The abuse in tax law; III: The abuse of process) for easier reading and understanding.
PARTE SECONDA – L’abuso nel diritto tributario
Sommario: 1. Introduzione: l’elusione o della capacità di evitare l’imposizione con furbizia e abilità – 2. L’odierna nozione di abuso di diritto tributario – L’assenza di sostanza economica – 3. L’evoluzione del concetto: distinzione tra condotta fraudolenta-evasiva ed abusiva-elusiva – 4. La giurisprudenza della Corte di Giustizia dell’Unione Europea e le direttive della CEE – 5. L’art. 10-bis dello Statuto del Contribuente – 6. Analisi e casistica giurisprudenziale – 7. L’atto di indirizzo del MEF n. 7 del 27 febbraio 2025.
1. Introduzione: l’elusione o della capacità di evitare l’imposizione con furbizia e abilità
L’istituto dell’abuso di diritto tributario è caratterizzato dalla particolarità della materia, in cui protagonista è lo Stato con il suo potere impositivo, mentre il cittadino (contribuente) si trova in una palese posizione di sottomissione: dovere di contribuzione per soddisfare le esigenze finanziarie dello Stato. La categoria generale elaborata in ambito civilistico, che ravvisa la natura giuridica dell’abuso nell’esercizio (usus) delle situazioni di vantaggio (diritto) in maniera distorta (ab-usus), ovvero per fini ulteriori o diversi non meritevoli di tutela da quelli riconosciuti dall’ordinamento, male si “adegua” nel diritto tributario. Eppure, occorre porre in evidenza che al cittadino contribuente è comunque garantita una serie di poteri o facoltà (situazioni attive) che lo tutelano nei confronti di illegittime imposizioni. In relazione a questa serie di poteri (garanzie di una giusta ed equa soggezione tributaria) il contribuente può attuare liberamente operazioni e atti economicamente rilevanti da un punto di vista tributario, i quali potrebbero, però, “deviare” dalla legalità e, pur essendo attività legittime, costituire, invece, un’”elusione“, ovvero un escamotage per sottrarsi alla contribuzione (capacità di evitare, di sottrarsi con furbizia e abilità).
L’abuso di diritto tributario non è l’atto abusivo o illecito, ma un atto valido e legittimo che non mira a realizzare un’operazione economica rilevante, ma a evitare il pagamento di un tributo o ottenere un beneficio (elusione). E oggi, stante la mancanza di una cultura etica dell’individuo di solidarietà tributaria, è fenomeno assai diffuso. Di qui la necessità di dottrina e giurisprudenza di elaborare i dovuti mezzi per scongiurare l’elusione, che è la sottospecie tributaria dell’abuso di diritto.1
2. L’odierna nozione di abuso di diritto tributario – L’assenza di sostanza economica
L’abuso di diritto tributario e quindi, la condotta elusiva, è stata delineata in relazione alla sua distorta finalità di conseguire vantaggi fiscali indebiti, senza valida causa giuridica.
Questo istituto va rapportato al diritto del contribuente di conseguire “vantaggi fiscali leciti” o anche un “risparmio fiscale“, che l’ordinamento comunque riconosce. Il discrimine, allora, è costituito dalla meritevolezza di tali vantaggi, secondo i principi generali che regolano l’abuso e l’ordinamento tributario. Stante il tecnicismo della materia, i criteri che servono a palesare l’elusione sono difficili da individuare. Ma un criterio generale valido è stato ravvisato nell’ “assenza di sostanza economica”. Tale termine si ricollega alla nozione di causa del negozio giuridico, come individuata dalla dottrina e giurisprudenza civilistiche, nella funzione economica sociale meritevole di tutela del negozio. Nel diritto tributario si fa leva sul concetto di “sostanza economica“, che è termine equivalente della causa civilistica. Più in particolare un atto costituisce abuso di diritto tributario, ovvero elusione, quando manchi di una “sostanza economica”, ovvero non ha una sua valida ragione di essere, se non quella di conseguire un vantaggio fiscale indebito. La “sostanza economica” è costituita da ” atti e contratti, anche tra loro collegati, idonei a produrre effetti giuridici significativi e meritevoli di tutela e non finalizzati a conseguire solo vantaggi fiscali indebiti, secondo i principi dell’ordinamento tributario” (Cass. Civ., V, sentenza n. 1166 del 16.01.2023). 2; la sua assenza costituisce elusione-abuso. Perseguire un “beneficio o vantaggio fiscale“, oppure “un risparmio“, di per sé non è vietato, se la norma tributaria lo permette e l’ordinamento lo ritiene meritevole di tutela. Solo quando, invece, l’operazione o l’atto, soggetto alla regolamentazione fiscale sia mancante di sostanza economica (non ha ragion d’essere) si è in presenza del sintomo dell’elusione, perché si smaschera la funzione vietata: il conseguimento del solo vantaggio fiscale.
3. L’evoluzione del concetto: distinzione tra condotta fraudolenta-evasiva ed abusiva-elusiva
Rispetto al potere impositivo dello Stato il contribuente può commettere due diverse tipologie di violazioni: la deliberata e diretta sottrazione all’imposizione ovvero un indiretto evitamento o aggiramento.
Nel primo caso vanno ricomprese tutte le condotte “fraudolente“, cioè attuate con atti illeciti, che provano di per sé l’intento dolosamente preordinato di violare la norma tributaria (es. omessa dichiarazione o fatturazione, falsa o infedele dichiarazione o fatturazione, ecc.). In questo caso gli atti posti in essere dal contribuente mirano direttamente all'”evasione” fiscale, con una condotta illecita, rilevante anche da un punto di vista penale. Nel secondo caso le operazioni non vengono attuate con atti “fraudolenti“, che denotano la volontà evasiva, ma con mezzi apparentemente leciti, che però sono preordinati ad evitare (eludere) l’imposizione, e, quindi sono atti strumentalizzati, ovvero distorti (ab-usus).
L’abuso di diritto tributario nella sua genesi è sorto dall’intenzione dello Stato di combattere le cosiddette pratiche “elusive“, in quanto molto più insidiose di quelle evasive, perché “celate” dietro la forma di atti leciti, ma finalizzati comunque a ottenere benefici fiscali indebiti. Originariamente la distinzione tra evasione ed elusione non era pienamente marcata, anche da un punto di vista di punibilità concorrente penale, configurandosi entrambi le categorie pratiche “abusive“. Tutti gli ordinamenti hanno dovuto affrontare il problema delle pratiche elusive, in considerazione del fatto che le tecniche per “aggirare” il Fisco diventavano sempre più diffuse.
Questo processo ha visto la espressa codificazione di strumenti giuridici, tra cui l’abuso di diritto tributario, con l’ausilio del contributo della dottrina e della giurisprudenza. In tale contesto un ruolo assai importante è stato quello della CGUE, che nell’ambito del diritto comunitario ha elaborato principi poi recepiti dalle legislazioni domestiche.3
4. La giurisprudenza della Corte di Giustizia dell’Unione Europea e le direttive della CEE
L’ordinamento comunitario è più volte intervenuto nella materia, con specifici provvedimenti. 4 Ma l’opera di costruzione dell’istituto trova una sua specifica elaborazione da parte della CGUE5, che ha posto l’accento soprattutto sul fatto che non possono essere tutelate quelle pratiche consistenti in “operazioni o concatenazioni di operazioni commerciali anormali effettuate nell’ambito di ordinarie transazioni commerciali, finalizzate unicamente allo scopo di usufruire abusivamente dei vantaggi previsti dal diritto comunitario”6. Nell’ottica della Corte Europea si concretizza l’abuso di diritto tributario (elusione) ogni qualvolta le operazioni attuate, pur essendo lecite e conformi alle norme, tuttavia sono finalizzate alla violazione della stessa ratio della legge che le disciplina. In una delle fattispecie esaminate (il famoso caso Halifax, come da riferimenti indicati) un istituto bancario inglese aveva costituito una serie di società controllate del tutto lecite, ma che non avevano altro scopo che quello di creare un gruppo artificioso per compensare illecitamente l’iva.
5. L’art. 10-bis dello Statuto del Contribuente
Nell’ambito dell’ordinamento italiano l’affermazione dell’istituto è stata lenta e a partire dal 1990 si è concretizzata nella formulazione di un principio o regola generale che prevedesse l’abuso di diritto in chiave antielusiva. Il legislatore colse le istanze che provenivano dalla dottrina e dalla giurisprudenza, ma soprattutto dall’Amministrazione Finanziaria, che chiedevano una specifica disciplina per combattere la dilagante elusione fiscale. Con la Legge n. 408/1990 (art. 10) fu concesso all’Amministrazione Finanziaria un potere di disconoscimento di operazioni come: la cessione di crediti, la concentrazione, la liquidazione, lo scorporo, ovvero la riduzione di capitale, la valutazione di partecipazioni, la trasformazione, la cessione o valutazione di valori mobiliari, qualora fossero state compiute senza valide ragioni e con lo scopo esclusivo dell’ottenimento di un risparmio fiscale in maniera indebita, seppure con mezzi leciti.
In questa embrionale definizione rilevavano innanzitutto quelle attività prive di ragioni economiche. Tuttavia, questa prima elaborazione ricomprendeva solo gli atti o le operazioni che rivestivano un carattere ” fraudolento”. Inoltre, la norma non era esaustiva poiché non ricomprendeva una serie di attività per le quali non era possibile riscontrare un intento fraudolento e perché non era estesa in via generale a tutte le categorie di contribuenti, ma solo all’ambito societario. Pertanto nel 1996, in un quadro di riforma generale dell’ordinamento tributario, fu introdotto l’art. 37-bis all’interno del D.P.R. n. 600/1973, che conteneva una definizione di abuso di diritto in chiave antielusiva di carattere generale. In virtù della novella si ebbe una disciplina molto più articolata. I punti caratterizzanti della condotta antielusiva venivano individuati: a) nel fine di ottenere un beneficio, o vantaggio fiscale non spettante e, quindi, indebito; b) nell’aggiramento di una norma per ottenere risparmi o rimborsi fiscali; c) nell’assenza di valide ragioni economiche. Non era più richiesto l’intento fraudolento e si introdusse il principio di inopponibilità all’Amministrazione degli atti. Anche questa nuova disposizione risultò poco efficace perché era applicabile solo alle espresse fattispecie elencate nel comma 3 dell’art. 37-bis del D.P.R. n. 600/1973. La definitiva sistemazione dell’istituto si ha con l’introduzione nell’ordinamento dell’art. 10 -bis nello Statuto del Contribuente (Legge 27 luglio 2000, n. 212) in virtù art. 1 D. lgs. n. 128/2015, conseguente alla legge delega di riforma fiscale (art. 5 della Legge n. 23/2014). Il comma 1 dell’art. 10-bis dello Statuto del Contribuente enunzia la definizione di abuso di diritto: “Configurano abuso del diritto una o più operazioni prive di sostanza economica che, pur nel rispetto formale delle norme fiscali, realizzano essenzialmente vantaggi fiscali indebiti. Tali operazioni non sono opponibili all’amministrazione finanziaria, che ne disconosce i vantaggi determinando i tributi sulla base delle norme e dei principi elusi e tenuto conto di quanto versato dal contribuente per effetto di dette operazioni“. I successivi commi normano la disciplina di dettaglio, tra cui, in particolare la possibilità di un interpello preliminare sulla elusività di un’operazione, finalizzata a un rapporto di collaborazione tra le parti, le norme sul diritto al contraddittorio, la disciplina dell’onere della prova, la non punibilità penale delle condotte elusive.
Sull’amministrazione incombe il rigoroso onere della prova della elusività dell’operazione e dell’indebita percezione di vantaggi fiscali, come definiti dai commi 1 e 2 dell’art- 10-bis della Legge n. 12/2000, mentre al contribuente spetta provare che le operazioni extrafiscali poste in essere abbiano una sostanza economica apprezzabile. Nel quadro complessivo della normativa assume valenza fondamentale la nozione di ” sostanza economica”, presupposto dell’atto lecito, non elusivo.
6. Analisi e sintesi giurisprudenziale
Il contributo della giurisprudenza, nel tempo, ha assunto un ruolo essenziale, permettendo l’attuale sistemazione normativa del principio dell’abuso di diritto. Essendo sterminata la casistica, sarebbe impossibile tracciarne un quadro esaustivo. Mi limito a raffrontare due ultime decisioni, che illustrano gli arresti in materia e ci permettono di vedere come i principi generali vengono applicati ai casi concreti, in relazione alla distinzione tra evasione ed elusione, la quale non è sempre colta in maniera netta, soprattutto da parte della stessa Amministrazione Finanziaria.
Analizziamo, prima, il caso deciso da Cass. Civ., sez. V, ord. n. 1464 del 21.01.20257: era stato contestato a una società “di aver architettato una frode carosello, realizzata con una condotta qualificata come abusiva del diritto, al fine di far figurare costi da portare in detrazione e in deduzione dalla base imponibile. In sintesi, la contribuente operava nel settore dell’information technology e costituiva società ad hoc (cd. newco) alle quali solo formalmente venivano assegnate risorse umane, in parte provenienti dalla stessa società, le quali, di fatto, svolgevano alle dipendenze della contribuente plurime prestazioni d’opera, trasformate in prestazioni di servizi. Venivano maggiorati e trasferiti i costi da personale dipendente in capo alle società satelliti, le quali fatturavano le prestazioni alla società sino a quando, dopo alcuni anni, venivano sistematicamente dismesse mediante trasferimento delle quote sociali e riduzione del loro debito verso l’erario mediante una serie di dichiarazioni rettificative. Venivano così fatturate dalle società satelliti alla contribuente ingenti prestazioni di servizi con il triplice vantaggio fiscale per la società di ottenere in tema di Ires, Irap e Iva”.
La Cassazione, pur ritenendo validi i fatti e le contestazioni come accertate nel giudizio di merito, come sopra, ha ritenuto che vi sia stato un errore di sussunzione della fattispecie da parte dell’Agenzia delle Entrate nelle norme sull’abuso di diritto, perché in verità il caso deve essere qualificato come vera e propria evasione fiscale, in quanto attività realizzata fraudolentemente e non in maniera elusiva. Pertanto, la Corte chiarisce che nell’abuso di diritto si ha un uso distorto (ab-usus) dell’operazione, che resta lecita, ma mira a un indebito beneficio fiscale. Viene al riguardo precisato in fatto che: ” Le prestazioni d’opera, secondo la prospettazione dell’Agenzia, sono state realizzate da personale in parte proveniente dalla stessa società, e non realmente dalle società satelliti, che si sono limitate a fatturare le prestazioni come servizi. Solo sulla carta sarebbero state assegnate risorse umane a tali società, che poi sono state sistematicamente dismesse con riduzione del debito fiscale verso l’erario. La condotta antieconomica contestata alla contribuente come realizzata allo scopo di detrarre l’IVA e dedurre i maggiori costi dalla base imponibile, segue perciò uno schema che va sicuramente ricondotto al fenomeno dell’evasione“. Le operazioni realizzate sono false e quindi costituiscono raggiri e integrano l’evasione e non l’abuso di diritto- elusione, che è, invece, un utilizzo improprio o distorto (ab-usus) dello strumento negoziale con lo scopo specifico, seppure non esclusivo, di eludere (aggirare) la norma tributaria e di ottenere in questo modo un vantaggio fiscale.
In altra fattispecie decisa da Cass. Civ., sez. V, sent.11756 del 05.05.20258 era stato contestato dall’Agenzia delle Entrate: ai sensi dell’art. 10-bis della legge 27 luglio 2000, n. 212, l’indebita deduzione di minusvalenze, con ripresa a tassazione dell’importo delle medesime ai fini dell’Ires, in riferimento a operazioni finanziarie di vendita e contestuale riacquisto di alcuni titoli azionari iscritti nell’attivo circolante; la contestualità delle operazioni di vendita e riacquisto, realizzate con una società appartenente allo stesso gruppo, nello stesso giorno e allo stesso prezzo, manifestava l’intento elusivo e la finalizzazione dell’operazione alla sola deduzione delle minusvalenze, altrimenti vietata dall’art. 110, comma 1, t.u.i.r., che prevede che «il costo delle azioni… si intende non comprensivo dei maggiori o minori valori iscritti i quali non concorrono alla formazione del reddito»; in forza di tale contestazione, l’avviso rettificava le perdite dichiarate dalla società per l’anno in questione, riducendole da euro 411.419.309,00 ad euro 406.262.816,00″.
In questocaso la Suprema Corte ha ritenuto, invece, verificatosi un abuso di diritto-elusione e non un’evasione. Infatti, gli atti e le operazioni attuate appaiano del tutto legittime, perché non violano alcuna normativa, ma come riportando in sentenza, facendo proprio le argomentazioni dei giudici di merito, attestano che ” dall’operazione finanziaria di vendita e contestuale riacquisto dei titoli azionari, senza quindi che vi fosse una effettiva dismissione dei medesimi, derivava un unico vantaggio di carattere fiscale, concludendo che si trattasse di operazioni prive di alcuna giustificazione economica; la vendita e il successivo riacquisto di titoli della stessa specie, nello stesso giorno e alla stessa ora, allo stesso prezzo in relazione alla medesima controparte, peraltro appartenente al medesimo gruppo, provavano indubbiamente la volontà della società di conseguire un unico obiettivo, quello di ottenere una perdita senza dismissione del titolo venduto e nel contempo riacquistato, circostanza che dimostrava l’interesse a conservare i titoli stessi nel portafoglio della società; l’operazione era quindi finalizzata esclusivamente a eludere il divieto di svalutare i titoli con rilevanza fiscale”.
Le due decisioni rappresentano efficacemente in che cosa consiste l’abuso di diritto tributario e come va distinto dalla evasione fiscale negli ultimi pronunciamenti della Cassazione. Segnalo, inoltre, altre ipotesi tipiche che vengono ritenute pacificamente costituire abuso di diritto – elusione:
l’avvenuta detrazione, con conseguente rimborso, dell’IVA ottenuta da una società immobiliare che, agendo come interposta, aveva acquistato un immobile per poi locarlo ad un’agenzia di assicurazioni, avente identica compagine sociale, la quale, se avesse proceduto personalmente all’acquisto, non si sarebbe potuta giovare del diritto alla detrazione dell’IVA in quanto soggetto esente ex art. 10 D.P.R. n. 633 del 1972, perché svolgente attività assicurativa “(Cassazione Civ. sez. V n. 33593/20199);
“l’operazione costituita dalla deduzione dei costi per quote di ammortamento di marchi operata dalla società contribuente, la quale, cessionaria di un ramo di azienda di altra società, con separato e successivo atto traslativo, aveva acquisito dalla stessa i predetti beni immateriali, già appartenenti al ramo di azienda oggetto di scissione, il cui valore contabile sarebbe stato pari a zero se il loro trasferimento fosse avvenuto contestualmente alla cessione” (Cassazione Civile sez. V n. 27544/201810);
“l’operazione di stipula di un mutuo garantito da ipoteca su determinati immobili ed il conferimento di essi, dopo pochi giorni, in una società di capitali di cui erano soci gli stessi mutuatari, al solo scopo di beneficiare del risparmio di imposta collegato al calcolo del valore immobiliare al netto della passività accollata dalla società” (Cassazione Civile sez. V n. 3533/201811).
Per il resto è costante nella giurisprudenza di legittimità l’affermazione che il comportamento elusivo-abusivo non viola alcuna norma di legge. Tuttavia, esso viola il principio costituzionale, posto alla base del sistema tributario, dall’art. 53 della Costituzione, secondo cui: “tutti sono tenuti a concorrere alle spese pubbliche in ragione della loro capacità contributiva” (principio di progressività dell’imposizione). Inoltre, occorre richiamare anche il generale principio di solidarietà sociale disposto dall’art. 2 della Costituzione, che come visto nella prima parte è il fondamento dell’abuso di diritto.
L’esistenza del principio dell’abuso di diritto, già prima della sua codificazione, come abbiamo sopra illustrato è stato sempre riconosciuto dalla giurisprudenza (Cass. 21.10.2005, n. 20398; Cass. 14.11.2005, n. 22932; Cass., Sez. Unite, 23.12.2008, n. 30057; Cass. 05.12.2019, n. 31772; Cass. 08.03.2019, n. 6836; Cass. 06.06.2019, n. 15321Cass. 02.02.2021, n. 2224), nella forma e nei presupposti sopra indicati.
7. L’atto di indirizzo del MEF n. 7 del 27 febbraio 202512
Recentemente il Ministero dell’Economia e delle Finanze ha formulato delle linee guide da rispettare nell’applicazione alle fattispecie dell’abuso di diritto e in particolare:
– si insiste sul concetto di “sostanza economica” e quindi sulla necessità di verificare che l’operazione abbia una causa giuridica (funzione) meritevole di tutela (ragion d’essere);
– si delinea la natura residuale della norma, che può trovare applicazione solo allorquando non risultino presenti norme che disciplinino la fattispecie in termini di evasione fiscale, con la rilevante conseguenza che: “devono pertanto essere esclusi dal perimetro dell’abuso del diritto, per essere ricondotti nella diversa categoria dell’evasione, non solo tutti i casi di aperta violazione delle norme tributarie, ma anche i casi di simulazione e frode, che si caratterizzano per una manipolazione della realtà”.
– viene posto l’accento sulla necessità di individuare il “vantaggio fiscale indebito” deducendo che “è tale elemento a differenziare l’abuso del diritto dal lecito risparmio d’imposta“.
– non si considerano abusive le operazioni giustificate da valide motivazioni extrafiscali e non marginali, che rispondono a finalità di miglioramento strutturale o funzionale dell’impresa ovvero dell’attività professionale;
– il contribuente è libero di scegliere tra regimi opzionali differenti previsti dalla legge e tra operazioni che comportano un diverso carico fiscale.
In un certo qual senso l’istituto viene ridimensionato a ipotesi residuale. Ma ritengo che il MEF abbia voluto solo limitarne gli eccessi arbitrari, insistendo sulla necessità di non far ricorso all’abuso di diritto quando le fattispecie appare già ritenuta illecita da specifica normativa, con le relative sanzioni. D’altra parte, invece, appare garantito al contribuente di attuare atti o operazioni (extrafiscali) per ristrutturare l’azienda o l’attività professionale, con maggiore flessibilità per spese e relative deduzioni, subordinate però alla prova dell’esistenza di valide ragioni. Naturalmente sull’Amministrazione grave il rigoroso onere di provare la mancanza di “sostanza economica” e la natura indebita del vantaggio fiscale e sul contribuente quello contrario
Il MEF ha meglio demarcato l’istituto rivalutandolo, anche alla luce dell’evoluzione economica e giurisprudenziale.
1 Per un quadro generale dell’istituto si vedano TABELLINI Paolo M., Elusione Fiscale, in Enc. Diritto, Giuffrè, Milano, 1999; GALLO Franco, La nuova frontiera dell’abuso del diritto in materia fiscale, in Rassegna tributaria, fasc. 6/2015.; PIANTAVIGNA Paolo, Abuso del diritto fiscale nell’ordinamento europeo, Giappichelli, Torino, 2011; LUPI Raffaello – SEPIO Gabriele, Elusione Fiscale, in Enc. del Diritto Sole24Ore, Vol. VI, Milano, 2007.
2 Su CassazioneWeb; precedenti: Cass. 21.10.2005, n. 20398; Cass. 14.11.2005, n. 22932; Cass., Sez. Unite, 23.12.2008, n. 30057; Cass. 05.12.2019, n. 31772; Cass. 06.06.2019, n. 15321; Cass. 23.11.2018, n. 30404; Cass. 07.11.2012, n. 19234.
3 PIANTAVIGNA Paolo, Abuso del diritto fiscale nell’ordinamento europeo, Giappichelli, Torino, 2011.
4 si vedano: la Direttiva n. 90/434/CEE; la Direttiva n.90/435/CEE e la Direttiva n. 2003/49/CEE.
5 11 dicembre 1977, C-125/76 Cremer; 3 marzo 1993, C-8/92 General Milk Production; 30 settembre 2003, C-373/97 Diamantis; 21 febbraio 2006, C-255/02 Halifax; 12 settembre 2006, C-196/04 Cadbury Schweppes; 5 luglio 2007, C-321/05 Kofoed.
6 C-255/02 Halifax; 12 settembre 2006.
7 su CassazioneWeb.
8 su CassazioneWeb.
9 su CassazioneWeb.
10 su CassazioneWeb.
11 su CassazioneWeb.
12 reperibile on line sul sito del MEF – Dipartimento delle Finanze.
Luigi Di Prisco