La Coordinazione Genitoriale e l’art. 473 bis 26 c.p.c.

Datemi genitori migliori e vi darò un mondo migliore”

ALDOUS HUXLEY, Il mondo nuovo 1932

ABSTRACT: Il presente contributo illustra in maniera sistematica l’art. 473 bis 26 c.p.c. che disciplina la figura dell’Esperto nella coordinazione genitoriale, figura già nota nelle prassi dei Tribunali italiani. L’Esperto può essere nominato quando le coppie genitoriali non sono più mediabili, perché altamente conflittuali e necessitano di un metodo specifico che possa portarli fuori dal conflitto o quantomeno contenerlo.

Nonostante l’art. 473 bis 26 c.p.c. non abbia compiuto un esplicito riferimento al metodo di coordinazione genitoriale questo è corrispondente nelle sue funzioni e competenze, laddove specifica “la facoltà per il giudice …su richiesta concorde delle parti, di nominare un professionista … dotato di specifiche competenze in grado di coadiuvare il giudice per determinati interventi sul nucleo familiare, per superare conflitti tra le parti, per fornire ausilio per i minori e per la ripresa o il miglioramento delle relazioni tra genitori e figli…”.

La coordinazione genitoriale è un metodo che sposta il focus dalla coppia al minore ed è quindi rivolto alla protezione e tutela del minore, senza derive autoritarie giudiziarie nei confronti dei genitori, perché, ricordando, l’illustre giurista Carlo Arturo Jemolo “la famiglia è un isola che il mare del diritto deve solo lambire”.

La coordinazione genitoriale è considerata nel panorama giuridico italiano, come un metodo alternativo di risoluzione delle controversie (ADR Alternative Dispute Resolution). Il modello che ha trovato maggior riscontro nella sua concreta applicazione nei Tribunali italiani, mutuato dall’esperienza americana, è il Metodo Integrato, il quale include competenze multidisciplinari delle professioni legali, della salute mentale, della mediazione, pedagogiche e consulenziali, nello sforzo di affrontare il significativo e dannoso impatto sui i figli prodotto da un conflitto ostile e prolungato dei genitori. L’obiettivo primario del modello integrato di coordinazione genitoriale è quello di aiutare genitori, immersi nel conflitto, a sviluppare e implementare un contesto strutturato di risoluzione delle dispute che possa consentire l’esercizio di una co-genitorialità efficace.


SOMMARIO: Introduzione – 1. La coordinazione genitoriale – 2. Il coordinatore genitoriale e il piano genitoriale nel processo civile – 3. Il coordinatore genitoriale e la negoziazione assistita – 4. Conclusioni

Introduzione

Partendo da presupposto che in Italia non esiste una cultura della separazione e che questa si identifica per lo più con una situazione di conflitto, è sempre più difficile portare la coppia in crisi a sentire che l’atto di generare un figlio presuppone, sempre e per sempre, la condivisione della genitorialità e “la capacità di riconoscere che il figlio è altro da sé e che il nutrimento del quale necessità richiede la compresenza sia della funzione materna, sia di quella paterna11 .

La perdita di consapevolezze genitoriali nasce da un conflitto che resta latente, anche laddove si stipulano separazioni consensuali.

La coppia in crisi agisce da un atteggiamento retto dal pensiero, “uscire veloci dal conflitto” tramite la stipula di accordi rivolti a disciplinare sia i rapporti economici che genitoriali, accordi che difficilmente i due ex coniugi o ex conviventi saranno in grado di rispettare, poiché ogni e successiva azione alla separazione sarà retta da quel conflitto latente, irrisolto e mai visto veramente.

Se il conflitto non si contiene o risolve nel corso del processo separativo e resta latente è inevitabile la sua trasformazione in un altro e grave conflitto, dove non solo cade l’illusione che la separazione avrebbe risolto tutto, ma spinge la coppia nel conflitto irrisolvibile e l’altro/a diventa progressivamente un estraneo da combattere, il nemico da abbattere attraverso mosse giudiziarie.

In tali contesti di alta conflittualità raggiungere intese o portare i genitori ad accettare e rispettare gli accordi separativi è sempre più difficile e sempre più spesso i figli sono coinvolti nel conflitto e sempre più si rivelano necessari, nell’ambito del processo civile, professionisti che a vario titolo coadiuvino il Giudice nelle controversie familiari.

La riforma Cartabia ha introdotto nel Libro secondo del Processo di cognizione, due tipologie di Professionisti terze, su base volontaria, al fine di collaborare con il Giudice nella risoluzione del contrasto che troverà poi conclusione nel provvedimento giurisdizionale.

Gli artt. 473 bis 10 e 473 bis 26 c.p.c., rispettivamente disciplinano: la Mediazione Familiare, quale intervento professionale rivolto alle coppie, finalizzato a riorganizzare le relazioni familiari in presenza di situazioni di criticità o di una volontà di separazione e/o

di divorzio. È “un processo collaborativo di risoluzione del conflitto” che pone al centro le coppie o le famiglie in crisi, le quali sono assistite da un soggetto terzo, il Mediatore; mentre la figura dell’Esperto interviene quando le coppie genitoriali non sono più mediabili, perché altamente conflittuali e necessitano di un metodo specifico che possa portarli fuori dal conflitto o quantomeno contenerlo. La coordinazione genitoriale sposta il focus dalla coppia al Minore.

Nonostante l’art. 473 bis 26 c.p.c. non abbia compiuto un esplicito riferimento al metodo di coordinazione genitoriale questo è corrispondente nelle sue funzioni e competenze, laddove specifica “la facoltà per il giudice … su richiesta concorde delle parti, di nominare un professionista … dotato di specifiche competenze in grado di coadiuvare il giudice per determinati interventi sul nucleo familiare, per superare conflitti tra le parti, per fornire ausilio per i minori e per la ripresa o il miglioramento delle relazioni tra genitori e figli…”.

È un metodo rivolto alla protezione e tutela del Minore, senza derive autoritarie giudiziarie nei confronti dei genitori, perché ricordando illustre giurista Carlo Arturo Jemolo “la famiglia è un isola che il mare del diritto deve solo lambire”.

1. La coordinazione genitoriale

Il metodo di Coordinazione genitoriale è nato negli Stati Uniti negli anni novanta, a seguito della constatazione dell’impossibilità di gestire e accordare le coppie conflittuali in situazioni di affido condiviso, lo scopo era quindi di salvaguardare il diritto del minore alla bigenitorialità attraverso un metodo che potesse far “funzionare” i genitori anche in situazioni di attrito. Il metodo si compone di strategie e tecniche realizzabili solo in stretta collaborazione con il Giudice inviante, attribuisce poteri di intervento al coordinatore genitoriale in merito alle decisioni che riguardano i minori, auspicando la soluzione delle controversie fuori dal giudizio.2

In Italia si è iniziato a porre l’attenzione al metodo di coordinazione Genitoriale circa più di un decennio fa, grazie ad un gruppo di Studio presso la Sapienza dell’Università di Roma – Dipartimento di Psicologia Dinamica e Clinica – ideato e voluto dalla Prof. Silvia Mazzoni in rete con la Prof. Rita Grazia Ardone , le quali decisero di realizzare un training formativo, con Debra K. Carter3, del metodo di coordinazione genitoriale. L’alta adesione al progetto, permise di aprire la strada alla Coordinazione genitoriale e alla sua sperimentazione. Ma nonostante l’alta adesione e il pregio riconosciuto al metodo, la coordinazione genitoriale, non ha avuto un proprio riconoscimento come in America, sia perché non v’era alcuna norma che la prevedesse, sia perché la soluzione prevalente, adottata dai Tribunali, è sempre stata l’invio al servizio sociale.

Oltretutto le decisioni giudiziarie, cosi come i paradigmi familiari, hanno sempre manifestato un orientamento madre-centrico, retaggio culturale della famiglia patriarcale, in cui la donna era deputata alla cura dei figli soprattutto nella “tenera età”, periodo di vita del bambino dalla nascita fino ai 7/8 anni, soggetto particolarmente vulnerabile e dipendente dalla madre.

Si può affermare come l’enfasi data al ruolo di madre in passato sia sopravvissuta fino ai giorni odierni, tant’è che sussiste ancora la credenza che le madri siano eccezionalmente qualificate a prendersi cura dei figli, in virtù di quella tenera età e dunque automaticamente idonee ad attuare il miglior interesse del minore, interesse che è sempre stato valutato come il corrispondente collocamento del minore presso la madre e sistemazione del padre in altra abitazione, con corresponsione di un assegno di mantenimento alla madre per provvedere alle esigenze di carattere economico del minore, relegando il padre a un ruolo marginale. I dati ISTAT del 2016 riportano che il 69% delle madri con almeno un figlio minorenne rimangono nella casa familiare.

Tale situazione è stata ed è, soprattutto nell’ultimo decennio, fonte di contenzioso giudiziario poiché i temi di maggior dissidio si sono concentrati sull’affidamento del Minore e il mantenimento di esso, anche in forza della costante trasformazione del concetto di famiglia, del ruolo di padre e di un orientamento, in aderenza con la normativa internazionale, sempre più pedocentrico.

1.1 L’evoluzione del diritto a tutela del minore – diritto alla bigenitorialità – diritto all’ascolto e il superiore interesse del minore.

Prima di esplorare il metodo di Coordinazione Genitoriale e come possa essere oggi, coinvolto nel processo civile separativo, divorzile della coppia genitoriale a seguito della Riforma Cartabia, è necessario esaminare, seppur brevemente, il terreno normativo in cui esso si inserisce, con particolare riferimento al diritto minorile, poiché il metodo di coordinazione genitoriale pone il proprio focus alla tutela del Minore, tant’è che il coordinatore Genitoriale (da ora Co.Ge.) è definito soggetto imparziale ma non neutro.

Negli anni vi sono stati molti passaggi evolutivi della normativa a tutela della posizione del Minore, sia all’interno del nucleo familiare che nel processo civile di separazione consensuale o giudiziale, divorzio congiunto o giudiziale o di una negoziazione assistita, anche per il recepimento di norme internazionali.

Importante la riforma sulla filiazione L.n. 219 del 2012 (entrata in vigore il 1 gennaio 2013) dove è soppressa la distinzione fra figli nati in costanza di matrimonio o fuori dal matrimonio, portando all’ unificazione dello stato di figlio riconoscendo cosi il principio di uguaglianza della prole, art. 315 c.c. “tutti i figli hanno lo stesso status giuridico”.

La riforma attua i principi sovranazionali della Carta di Nizza all’ art. 21 e della Convenzione europea per la salvaguardia dei diritti dell’uomo artt. 8 e 24 allineandosi così, anche, ai principi della Carta Costituzionale di libertà e uguaglianza.

Altra importantissima riforma è avvenuta, con il D. Lgs. del 28 dicembre 2013 n. 154 (in vigore dal 7.02.2014), attraverso l’art. 39 con la sostituzione al Libro I del Titolo IX all’ art. 316 c.c. della potestà genitoriale, con la Responsabilità Genitoriale esercitata di comune accordo da entrambi i genitori, avviene così il riconoscimento dell’individualità dello status di figlio tramite l’individuazione di propri diritti e doveri. Contribuisce alla riforma anche la modifica della struttura del codice civile, il Titolo IX del Libro I non è più titolato “Della potestà dei genitori” ma “Della Potestà dei genitori e dei diritti dei figli” poi successivamente sostituito con “Della Responsabilità genitoriale e diritti e doveri del figlio”.

In particolare l’art. 315 bis c.c. sancisce il diritto del figlio ad essere educato, istruito, assistito moralmente, di crescere in famiglia, di mantenere rapporti significativi con i parenti, di essere ascoltato nelle procedure che lo riguardano.

Gli artt. 315 e 315 bis c.c. tracciano un vero e proprio statuto dei diritti dei figli quali diritti della personalità4, i quali letti e applicati in combinato disposto con l’art. 147 c.c., individuano la disciplina dei diritti e doveri che nascono dal matrimonio nei confronti della prole. Lo stesso art. 147 c.c. compie il richiamo espresso all’art. 315 bis c.c.

L’ art. 337 ter c.c. inserito con l’art. 55 del D. Lvo. 28.11.2013 n. 154 ter, sancisce i provvedimenti che riguardano i figli, rafforzando il diritto alla bigenitorialità e diritto all’ascolto del minore.5 La Riforma Cartabia aggiunge al comma 2 il riconoscimento degli

Accordi intervenuti fra le parti in sede di Mediazione Familiare, purchè non siano contrari all’interesse dei figli. Queste sono norme bussola del Codice di Procedura Civile, per navigare le acque dei diritti fondamentali dei minori, a cui si deve dare sempre un incoercibile e adeguata tutela, in maniera ancor piu rafforzata nel momento in cui insorge il conflitto fra i genitori e inizia la disgregazione familiare.

A livello sovranazionale nel 1989, attraverso la Convenzione sui Diritti del Fanciullo a New York, l’Assemblea delle Nazioni Unite riconosce il Minore come il soggetto titolare dei diritti, si sottolinea il diritto di essere ascoltato e di esprimere la propria opinione di fronte a questioni che lo riguardano oltre al riconoscimento del principio principe best child interest, tradotto nel supremo interesse del Minore che governa ogni decisione giudiziaria.

Diritti confermati anche dall’art. 1 comma 2 della Convenzione europea sull’esercizio dei diritti del fanciullo adottata dal Consiglio d’Europa a Strasburgo il 25.01.1996.

Ma sarà solo nell’anno 2000 con la Carta dei diritti fondamentali dell’Unione Europea, emanata a Nizza, che si porterà a compimento il percorso di tutela del Minore, riprendendo i punti della Convenzione di New York quali il diritto di espressione, dell’interesse superiore del Minore e salvaguardia di intrattenere relazioni con entrambi i genitori.

1.2 Diritto alla bigenitorialità e diritto all’ascolto

Nel 2006 attraverso la legge n. 54 sono modificati i contenuti dell’art. 155 c.c., il diritto alla bigenitorialità riceve una nuova veste e tutela, l’espressione del diritto alla bigenitorialità diviene l’affidamento condiviso e non più congiunto, applicato in alternativa all’affidamento esclusivo e il paradigma legale diviene l’affidamento condiviso, fa eccezione l’affidamento esclusivo relegato ai soli casi di incapacità nell’esercizio della responsabilità genitoriale o di reati accertati con Sentenza, passata in giudicato nei confronti della famiglia o del Minore. Questi casi devono essere accertati attraverso una specialistica Consulenza tecnica d’ufficio, che possa valutare l’incapacità del genitore ad esercitare le funzioni genitoriali, a causa di deficit mentali cognitivi o che siano stati accertati con Sentenza di condanna per reati commessi in danno della prole passata in giudicato, poiché, la semplice denuncia o lo stesso inizio di un processo Penale, non può essere valutato quale elemento accertativo dell’incapacità del genitore di tutelare il Minore, anche in forza del principio costituzionale di presunzione di innocenza. Il fenomeno sociale sempre più diffuso nei conflitti familiari di ricorso a denunce di un genitore nei confronti dell’altro per abusi sessuali nei confronti dei figli minori o di maltrattamenti, si risolve per lo più in false denunce strumentali ad allontanare il genitore ostile, situazioni dannosissime per i figli, i quali diventano un vero e proprio strumento nelle mani dei genitori. In tali casi è sempre più necessario l’intervento di Figure professionali in grado di saper affrontare tali drammatiche criticità.

Occorre anche ribadire come nonostante la legge n. 54/2006 rappresenti una svolta intellettuale molto importante, non è sempre stata confermata nella sua applicazione concreta. Marino Maglietta, fondatore della società Crescere Insieme, ha più volte censurato l’operato di alcuni Tribunali di fondare le proprie decisioni in base a vecchi paradigmi e giurisprudenza superata, tanto da accusarli di tradire l’intento del legislatore laddove emettono provvedimenti in cui i padri si riducono a vedere i propri figli una volta a settimana e a week end alternati, mentre la madri restano le collocatarie principali, alimentando cosi controversie giudiziarie per l’impossibilità per il padre di accettare tale limitazioni.

Il diritto alla bigenitorialità quale diritto fondamentale del Minore è stato poi saldamente tutelato nel corso degli anni dalle pronunce della Suprema Corte di Cassazione6, tornata più volte sul punto, ribadendo la sacralità del diritto alla bigenitorialità e garantendo una tutela attraverso il dictat, che può derogarsi ad esso solo ed esclusivamente qualora vi sia certezza e, non dubbio, che l’affidamento condiviso possa essere pregiudizievole per l’interesse del minore, rafforzando cosi l’inviolabilità di tale diritto. Il consesso afferma che qualora il Giudice ravvisi una condotta rischiosa del rispetto del diritto alla bigenitorialità, oltre a valutare la gravità della situazione, deve sanzionare le condotte genitoriali lesive dei diritti dei minori secondo quanto disposto nell’art. 709 ter c.p.c.7 e se necessario intervenire sull’affidamento condiviso.

Altro aspetto normativo di tutela dei diritti del minore, trova attuazione, con il riconoscimento ex art. 337 ss c.c. nel diritto all’ascolto del minore, qualora si debbano prendere provvedimenti che lo riguardano.

La Carta dei diritti Fondamentale dell’unione Europea – Carta di Nizza – del 18.12.2000 all’art. 24 considera tale diritto fra i diritti fondamentali della persona, diritto già affermato con la Convenzione di New York e la successiva Convenzione di Strasburgo, anch’essa ratificata dall’Itala nel 2003 e il regolamento Comunitario n. 2201 del 2003 denominato Bruxelles II bis.

Emerge dall’analisi, seppur schematica, dell’evoluzione della legislazione sovranazionale e nazionale sorretta dalla Suprema Corte, il primario obiettivo di responsabilizzare i genitori, al fine di garantire la tutela della filiazione nella sua essenza, richiedendo un costante impegno del genitore ad agire nell’interesse del figlio e dunque nell’essere responsabile delle conseguenze delle proprie azioni qualora queste non siano allineate al migliore interesse dello stesso. Il genitore, destinatario di obblighi e doveri derivanti dalla filiazione, deve essere ritenuto responsabile di ogni agito che non assicuri al minore una crescita sana e armonica e ciò che le norme chiedono e impongono al genitore è di comprendere che la nascita di un figlio è un atto di consapevolezza e assunzione di responsabilità che accompagna il processo evolutivo del minore.

I genitori, purtroppo, hanno scarsa cultura giuridica in merito e una conseguenziale mancanza di consapevolezza del dovere inviolabile di assicurare ai figli tutti mezzi necessari, affettivi e materiali, per una crescita serena assicurando loro un terreno in cui potersi sviluppare senza traumi, doveri che devono essere assicurati anche in cooperazione con l’altro genitore, ex partner, perché se la coppia fallisce, il progetto genitoriale deve non solo mantenersi ma rafforzarsi in nome della centralità del minore e del suo supremo interesse.

Oggi invece si assiste sempre più spesso alla caduta nell’invisibilità dei figli, nel momento in cui i genitori precipitano nell’abisso del conflitto, essi sono i primi a restare vittime di azioni ritorsive cosi gravi da far vacillare il loro diritto di assistenza morale affettiva e materiale.

Nel conflitto il progetto genitoriale si disperde e il diritto ad assicurare protezione e sicurezza al figlio si volatilizza violando cosi il diritto del figlio all’amore di entrambi i genitori, è stato necessario con la Riforma Cartabia, introdurre una specifica norma, l’art. 473 bis – 6 c.p.c , destinata a disciplinare le situazioni sempre più ricorrenti, in cui il minore manifesta un rifiuto ad incontrare uno o entrambi i genitori, quale conseguenza diretta del conflitto genitoriale, salvo situazioni di abuso o reato che trovano altra tutela normativa all’art. 403 c.c., anch’esso modificato dalla Legge, 26.11.2021, n.206 .

L’ Alta conflittualità è dunque il maggiore pregiudizio per il minore, con ricadute certe sul suo sviluppo psico-fisico che lo seguiranno nella vita adulta e nelle sue relazioni e se, come è stato esaminato, l’affidamento condiviso è il parametro legale per garantire al minore una crescita sana, quando questo viene minacciato da condotte genitoriali disfunzionali, oltre a misure sanzionatorie che possono colpire i genitori inadempienti ai loro obblighi e che spesso si rivelano incapaci di tutelare efficacemente il minore, è sorta l’esigenza di introdurre interventi di Professionisti affinché con metodi alternativi e con funzione cautelativa e/o preventiva possano sostenere la coppia genitoriale.

La Coordinazione Genitoriale è un metodo strutturato in maniera tale da garantire il rispetto del diritto alla bigenitorialità del Minore e dei suoi molteplici e sacrosanti diritti.

Le funzioni del Co.Ge. sono delineate dalle Linee guida, sulla Coordinazione genitorialeelaboratedaAssociationOfFamiliesandConciliationCourts8e sono orientate all’applicazione concreta della normativa sopra esaminata attraverso un percorso che si snoda per tappe.

In particolare, esamineremo la linea guida n. 7, poiché indica ruolo e funzioni del coordinatore genitoriale, necessari al Giudice per individuare l’operatività concreta del metodo.

Il ruolo del coordinatore genitoriale implica l’esercizio delle seguenti funzioni:

  1. funzione di valutazione: prima di iniziare il percorso deve raccogliere ed esaminare tutta la documentazione e le informazioni inerenti la situazione familiare da trattare per valutare. Se i co-genitori sono adeguati a tale pratica, è la fase di presa in carico.
  2. funzione di monitoraggio e analisi: il professionista, una volta iniziato il percorso, deve costantemente valutare l’adeguatezza dei co-genitori a proseguire il processo, nonché l’efficacia “delle tecniche e degli interventi attuati”. Dunque è un monitoraggio circa l’attuazione del Piano genitoriale o dei Provvedimenti del Tribunale in merito alle condizioni di affidamento dei Minori, verifica che non vi siano bisogni particolari e compie un analisi delle criticità che impediscono l’esecuzione, attività che accompagna tutto il percorso di coordinazione;
  3. funzione di educazione: il coordinatore genitoriale deve istruire i co-genitori sullo sviluppo dei figli e sull’impatto che il loro conflitto ha o potrebbe avere sulla prole; “può fungere da modello o insegnare competenze e fornire indicazioni/correzioni”; ha il ruolo altresì facilitare la comunicazione tra co-genitori, eventualmente stabilendo dei protocolli improntati al rispetto reciproco ed orientati verso i figli. Informa i genitori dei principi di bigenitorialità (anche in merito ai doveri ed obblighi sanciti da norme sovranazionali e nazionali, cosi da renderli maggiormente consapevoli dal punto di vista giuridico) evidenzia i bisogni dei figli e suggerire le difficoltà che i figli potrebbero incontrare a seguito di determinati comportamenti conflittuali;
  4. funzione di gestione e coordinazione dei casi: il coordinatore deve interfacciarsi con i professionisti e le istituzioni coinvolti nel caso interagendo anche con la famiglia allargata. Assume un ruolo di canale di trasmissione fra tutti i Professionisti coinvolti che ruotano attorno al minore, servizi sociali, psicologo, curatore e avvocato, con poteri di intervento qualora riconosciuti dal provvedimento del Tribunale. Lavora in rete, può definirsi una cinghia di trasmissione delle informazioni che devono fluire in maniera circolare fra tutti i soggetti coinvolti nel processo;
  5. funzione di gestione e contenimento del conflitto: nei casi di violenza il coordinatore genitoriale deve adattare le tecniche ai fini di prevenire possibili coercizioni, utilizzando anche tecniche di negoziazione, di mediazione e di arbitrato;
  6. funzione decisionale: se i genitori non sono in grado di decidere, il coordinatore genitoriale può essere autorizzato a prendere decisioni legalmente vincolanti, ovvero può aiutare i co-genitori ad elaborare o revisionare un piano genitoriale. Se autorizzato dal Tribunale o dai genitori può aiutare gli stessi a modificare il Piano Genitoriale. Ovviamente non può mai sostituirsi ai genitori nella redazione del Piano Genitoriale.

Ovviamente, mai il Co.Ge può modificare le disposizioni di Affidamento del Minore, Mantenimento e collocazione residenziale.

La coordinazione genitoriale è considerata nel panorama giuridico italiano, come un metodo alternativo di risoluzione delle controversie (ADR Alternative Dispute Resolution) e dall’ inizio degli anni 90 gli approcci a questo metodo sono stati diversi.

Alcuni si sono rifatti ad un modello di “mediazione/arbitrato” in cui il mediatore/coordinatore ha un ampio potere di arbitrare e decidere in merito alle controversie tra genitori. Un altro criterio richiama il modello pseudo terapeutico, dove gli interventi di terapia sono parte del processo di coordinazione.

Il modello di coordinazione genitoriale in esame e che ha trovato maggior riscontro nella sua applicazione concreta nei Tribunali italiani, mutuato dall’esperienza americana, è il Metodo Integrato, il quale include competenze multidisciplinari delle professioni, quali: legali, della salute mentale, della mediazione, pedagogiche e consulenziali, nello sforzo di affrontare il significativo e dannoso impatto sui i figli prodotto da un conflitto ostile e prolungato dei genitori.

L’obiettivo primario del modello integrato di coordinazione genitoriale è quello di aiutare genitori, immersi nel conflitto, a sviluppare e implementare un contesto strutturato di risoluzione delle dispute che possa consentire l’esercizio di una co- genitorialità efficace. Il metodo tracciato dalle Linee Guida della AFCC (Association of Family and Conciliation Courts), tradotte e adottate in Italia dall’Ordine degli psicologi della Lombardia, affida la gestione del conflitto non ad una equipè specializzata ma a una singola figura, la quale interagisce con i genitori al fine di aiutarli ad attuare o delineare un Piano genitoriale facilitando la risoluzione di determinate controversie, permettendo ai genitori di acquisire competenze e strumenti di cui hanno bisogno per liberarsi, dal punto di vista emotivo e comportamentale, da una relazione genitoriale disfunzionale così da sviluppare una comunicazione focalizzata sul figlio e su tecniche di problem solving all’interno di una relazione co-genitoriale funzionale.

Nel tempo è stato osservato come l’interazione in un contesto strutturato efficace riduca il conflitto genitoriale, minimizzi il disagio dei figli e incoraggi i genitori a risolvere i loro conflitti genitoriali.9

Il metodo di coordinazione Genitoriale può essere considerato un valido strumento a tutela dell’affidamento condiviso, poiché, come ha avuto modo più volte di esprimersi la Suprema Corte di Cassazione10 la conflittualità riscontrata tra i genitori non preclude il ricorso al regime preferenziale dell’affidamento condiviso, purchè gli effetti della crisi genitoriale si ripercuotano nel minore nei limiti del disagio e quest’ultimo abbia comunque un rapporto armonico con entrambi i genitori. Se il corto circuito si verifica nell’interazione genitoriale, manifestandosi in una totale incapacità di comunicazione che non coinvolge il minore con cui riescono a mantenere un buon livello di comunicazione, la coordinazione genitoriale è in grado di condurre ad esplorare lo spazio conflittuale e portare i genitori a colmare il vuoto relazionale, garantendo il contenimento del conflitto e l’attenzione al disagio riscontrato nel minore affinchè possa essere visto e dunque risolto, instaurando anche processi positivi per il futuro.

La recente Riforma Cartabia ha acceso i riflettori normativi su tale metodo e sull’applicazione pratica dello stesso, attraverso l’art. 473 bis 26 il quale prevede “Il Giudice, su istanza congiunta delle parti, può nominare ai sensi dell’art. 68 uno o più ausiliari, scelti tra gli iscritti all’albo dei consulenti tecnici d’ufficio, o al di fuori dell’albo se vi è accordo delle parti, per intervenire sul nucleo familiare al fine di superare i conflitti tra le parti, fornire ausilio per i minori e agevolare la ripresa o il miglioramento delle relazioni tra genitori e figli

Il Giudice individua gli obiettivi dell’attivitàdemandata demandata all’ausiliario tra quelli indicati nel primo comma , e fissa i termini, anche periodici, entro cui l’ausiliario deposita una relazione sull’attività svolta e quelli entro cui le parti possono depositare note scritte.

Se sorgono questioni sui poteri o sui limiti dell’incarico conferito, l’ausiliario o le parti informano il giudice il quale, sentite le parti, dà i provvedimenti opportuni”.

La norma opera nell’ambito del processo civile di Separazione Giudiziale o Divorzio Giudiziale o di un Ricorso per l’affidamento dei Minori in una coppia di fatto, l’Esperto, collabora col Tribunale, in veste di ausiliario.

Quando la coppia approda in Tribunale, è compito del Giudice: i.accertare se la coppia genitoriale si trovi in uno stato di Alta conflittualità; ii. valutare se sussista un’assenza di consapevolezza dei bisogni dei figli; iii. se vi siano condotte inadeguate concretamente dannose per il minore; iiiise siano necessari interventi mirati di sostegno alla genitorialità al fine di impedire conseguenze dannose per il minore.

L’accertamento del contesto Altamente conflittuale è il primo step a tutela del minore e qualora presente, il Giudice “può nominare uno o più esperti, su istanza delle parti”, ai sensi del comma 1 dell’art. 473 bis 26 c.p.c.

E’ dunque facoltà e non obbligo del Giudice disporre tale nomina e per di più su istanza congiunta delle parti.

Per comprendere tale scelta legislativa, che sembra un po’ tradire la Coordinazione genitoriale (nel modello americano, il Giudice in presenza di famiglie altamente conflittuali prescrive il percorso di coordinazione genitoriale attraverso un proprio invio e il cosiddetto OIT, un documento che definisce l’autorità e gli obiettivi del servizio da un punto di vista legale anche senza la richiesta congiunta delle parti) è necessario esaminare la Relazione illustrativa ai lavori preparatori.11

La Relazione Illustrativa permette di capire come la previsione normativa di una richiesta congiunta delle parti, sia stata necessaria per garantire la collaborazione dei genitori, altrimenti impossibile stante l’incapacità degli stessi di comprendere autonomamente, la gravità del conflitto e le conseguenze dei loro agiti sui loro figli.

Il primo comma della norma in esame indica i presupposti per procedere alla nomina (concorde richiesta delle parti), precisa che gli esperti nominati saranno qualificati quali ausiliari del giudice, e che gli stessi potranno essere scelti o attingendo agli albi dei CTU ovvero anche al di fuori di tale ambito in presenza di accordo delle parti.

La norma non indica gli esatti contenuti dell’incarico demandato a tali ausiliari, descrivendone soltanto i fini; si tratterà infatti di interventi non codificati, ma da adattare alle singole fattispecie per superare i conflitti tra le parti, ovvero fornire ausilio ai minori, in particolare (ma non solo) per favorire la ripresa o il miglioramento delle relazioni genitori-figli dove incrinate o interrotte.

E’ dunque compito del giudice individuare gli obiettivi dell’intervento, assegnando termini, anche periodici qualora si tratti di interventi che necessitino di un consistente lasso di tempo per essere realizzati, alla scadenza dei quali l’Esperto dovrà depositare una relazione sull’attività svolta con concessione di termini, anche alle parti, per il deposito di note scritte, (parte assente nei lavori preparatori aggiunta successivamente a garanzia del principio del contraddittorio all’interno del processo civile).

Il giudice procedente deve conservare per tutta la durata dell’intervento dell’Esperto un ruolo di controllo ma anche di guida, il comma terzo dell’art. 473 bis 26 c.p.c, infatti, precisa che in caso di questioni sui poteri e sui limiti dell’incarico conferito, sia l’ausiliario sia le parti, potranno rivolgersi al giudice, che adotterà i provvedimenti opportuni.

L’Esperto in quanto ausiliario, si colloca all’interno della dinamica e dialettica processuale come un Professionista che opera temporaneamente nell’Amministrazione della Giustizia, osservando le prescrizioni che gli vengono impartite nel conferimento dell’incarico, senza poterle disattenderle o modificarle.

Va comunque osservato che resta una questione aperta se l’Esperto sia a tutti gli effetti un ausiliario e quindi effettivamente all’interno del Processo o se invece resti uno strumento di A.D.R. fuori dal processo, poiché, anche la recente e per ora unica pronuncia del Tribunale di Bergamo (che esamineremo a breve) di applicazione dell’Esperto del metodo di coordinazione genitoriale in osservanza dell’art. 473 bis 26 c.p.c., lo qualifica Ausiliario ma estraneo al processo.

Il coordinatore genitoriale posto, ai margini del Processo, potrebbe sottendere la volontà del legislatore di non affollare ulteriormente il procedimento, stante le numerose figure quali il Giudice togato o Onorario, Consulente d’Ufficio e di Parte, Servizi Sociali, Psicologi, Mediatori, Curatore Speciale Minore, quest’ultimo, a seguito della Riforma Cartabia anche con specifici poteri di rappresentanza sostanziale ex art. 473 bis 8 co. 3 c.p.c., oltre che di rappresentanza processuale.

In tale contesto processuale, si pone, la questione del compenso, poiché, la qualificazione come ausiliario del Giudice implica una liquidazione dell’onorario da parte di quest’ultimo ed una richiesta dell’ausiliario secondo Tariffe, stabilite da una normativa di riferimento, poiché i genitori non possono disciplinare le modalità di suddivisione degli oneri fra di loro né un pagamento diretto, ma se è estraneo al Processo, ci si domanda come debba essere liquidato dal Giudice.

La relazione Illustrativa indica solo “i costi saranno a carico delle parti nel caso di nomina dell’ausiliario (salva la possibilità delleparti di ricorrere al Patrocinio a Spese dello Stato)”, inciso non confluito nella norma.

Il legislatore ha cercato di conferire un inquadramento giurisdizionale alla figura dell’Esperto coordinatore genitoriale, ma l’intento non è del tutto riuscito anche in considerazione della circostanza che non l’ha normativamente regolata, poiché non c’è nessuna norma che abbia introdotto una professione ordinistica regolata dalla legge, e quindi ad una professione organizzata da libere associazioni autorizzate dal Ministero.

Pertanto, non esiste un ordinamento professionale dei coordinatori genitoriali, né questi ultimi devono superare un esame di Stato per essere iscritti a un albo, vi sono coordinatori genitoriali iscritti ad associazioni private, i quali hanno sostenuto i corsi e superato gli esami imposti dalle associazioni di appartenenza, per regolamento interno.

Tale assenza potrebbe, anche, generare incertezze da parte dei Giudici nel concreto ricorso a tale figura professionale, conservando l’applicazione in maniera frammentata come è avvenuto finora, è pur vero che si è compiuto un passo in avanti verso il suo riconoscimento giuridico all’interno del processo civile, oltre al fatto che omettendo di fare espresso riferimento ad una specifica figura professionale, il legislatore possa avere voluto lasciare la libertà ai genitori di scegliere un professionista Esperto in tecniche di risoluzione delle controversie, (purché capace di applicare metodi idonei al raggiungimento degli obiettivi individuati dalla norma), sottraendoli cosi al sentimento di una nomina imposta dall’autorità giudiziaria.

Oltre al fatto che il Coordinatore fuori dal Processo può essere una garanzia per la sua funzione di coordinazione non solo dei genitori ma di tutti i soggetti coinvolti nel Processo, come osservato in precedenza. Il Co.Ge. ha un ruolo autoritativo in quanto Ausiliario ma operando fuori dal Processo, esce dalle maglie dello stesso e svolge le proprie funzioni in base al contratto che stipulerà con le parti.

Occorre attendere la futura applicazione della norma da parte dei Giudici per capire quale riconoscimento verrà dato al coordinatore genitoriale e l’efficacia operativa della norma.

Ad oggi la prima applicazione dell’art. 473 bis 26 c.p.c. è del Tribunale di Bergamo del 30.05.2024 il Giudice, nella suddetta pronuncia, ha qualificato l’esperto come ausiliario del Giudice, in conformità all’art. 68 c.p.c. seppure lo ritenga estraneo al processo (estraneità che però, come già osservato, mal si concilia con l’ausiliario che è sempre una figura endoprocessuale) .

Il Giudice, in stretta aderenza al dettato normativo ha individuato i compiti dell’esperto Coordinatore genitoriale, specificando che trattasi di un intervento di supporto al nucleo familiare, individuando le funzioni del nominato Esperto, cosi si legge nel provvedimento citato “– assistere le parti nel percorso per superare i conflitti–fornire raccomandazioni sulle questioni di ordinaria amministrazione – favorire le intese genitoriali sulle questioni di ordinaria amministrazione”, precisando come detta funzione non abbia carattere valutativo, “osservato che, in attuazione del criterio delega di cui all’art. 1 comma 23 lett.ee) l.n. 206/2021 il D.Lgs. n. 149/2022 ha previsto all’art. 473 bis 26 c.p.c la facoltà per il Giudice su istanza congiunta delle parti, dinominare ai sensi dell’art. 68 c.p.c uno o più ausiliari per intervenire sul nucleo familiare, al fine di superare i conflitti fra le parti, fornire ausilio per i minori e agevolare la ripresa o il miglioramento delle relazioni tra i genitori e figli, facoltà oggi normata ma che prende spunto dalle buone prassi di alcuni Tribunale che vedevano il Giudice avvalersi dell’ausilio di professionisti esperti in altri saperi, non tanto ai fini valutativi del singolo genitore, quanto al fine di agevolare specifici interventi a sostegno delle relazioni intrafamiliari, osservato, infatti, che a differenza del c.t.u., l’Esperto di cui all’art. 473 bis 26 c.p.c. si pone al di fuori del processo e non deve fornire la Giudice elementi valutativi, ma compiere specifiche attività allo stesso demandate al fine di superare la conflittualità in seno alla coppia genitoriale e supportare i figli e la relazione con i genitori, laddove emergano specifiche difficoltà nei minori”.

Tale pronuncia delinea prima i confini di operatività della funzione del coordinatore genitoriale a tutela dei diritti indisponibili del minore e poi individua specificatamente come debba operare all’interno di tale cornice12e con quali poteri, senza però delegare i propri; riprende le funzioni del Co.Ge. secondo le Linee Guida, in particolare la già richiamata n. 7.

La decisione del Giudice è altresì significativa, laddove revocando la precedente nomina, conferita ad una psicologa iscritta nell’Albo dei C.T.U. del Tribunale, accoglie la richiesta dei genitori di nominare un Avvocato, da loro scelto, quale coordinatore genitoriale.

I genitori, dunque, scelgono liberamente la figura professionale che dovrà affiancarli e aiutarli nel percorso di sostegno alla genitorialità, senza alcuna (apparente) ingerenza di nomina da parte del Giudice.

E’ chiaro come l’art. 473 bis 26 c.p., sia la chiara espressione delle buone prassi giudiziarie adottate dai tribunali, non a caso richiamate nella stessa Relazione Illustrativa13 e anche dallo stesso provvedimento in esame, poichè, nonostante l’istanza di nomina sia prevista su accordo delle parti, finora questa è avvenuta sempre su “suggerimento” del Giudice, del C.T.U o del Curatore Speciale del Minore e dei Servizi sociali qualora incaricati di svolgere funzioni di monitoraggio della responsabilità genitoriale o abbiano ricevuto l’Affidamento dei minori, buone prassi che sono la manifestazione concreta di quanto dedotto in premessa, ovvero, dell’assenza in Italia di una cultura della separazione come atto finale di un rapporto sentimentale e/o giuridico e il progressivo scivolamento della coppia nel conflitto. Conflitto che impedisce ai genitori di comprendere autonomamente le proprie criticità e i propri comportamenti e le ricadute di questi nei loro figli e di conseguenza di attivarsi per lavorare su sé stessi e sulla coppia, senza bloccarsi nell’ostilità, percependo la necessità di ricorrere all’aiuto di una figura professionale.

Pertanto il legislatore, qualificando l’Esperto quale ausiliario del Giudice e con reconditi poteri di quest’ultimo di “suggerimento” di nomina, persegue l’obiettivo di far accettare alle parti tale strumento, portando con sé anche una maggiore possibilità di successo. Del resto è oramai assodato quando la coppia genitoriale è persa nel conflitto non riesce a vedere il solco vendicativo in cui sta camminando, caratterizzato da piccole e quotidiane ritorsioni e rivendicazioni di presunti diritti e continue manifestazioni di richieste di istanze punitive per ciò che immagina di avere subito e pertanto necessità della cosiddetta “mano di Dio” richiamando una nota metafora calcistica.

La coordinazione Genitoriale può operare anche fuori dal Processo, in ambito privatistico, come consulente a cui i genitori si rivolgono prima del processo separativo nel momento in cui comprendono di non essere più in grado di instaurare un dialogo sano finalizzato anche alla stipula di Accordi, ipotesi remote, ma auspicabili qualora si diffonda la cultura delle A.D.R. e della necessità di agire tempestivamente sulla coppia genitoriale.

1.3 Brevi cenni in merito alla coordinazione genitoriale ante riforma

A questo punto è opportuno esaminare la concreta applicazione della figura del Coordinatore genitoriale nel variegato panorama giurisprudenziale ante riforma, poiché l’art. 473 bis 26 c.p.c. senza un esplicito riferimento al Coordinatore genitoriale ma all’ Esperto, in veste di ausiliario del giudice, lascia comunque spazio a interpretazioni non uniformi e non risolve alcune criticità, che avrebbe invece dovuto chiarire stante la circostanza che la norma è l’espressione delle buone prassi adottate dai Tribunali nel tempo e dunque già conosciute.

Ebbene, il primo riconoscimento legislativo della cooperazione genitoriale in Italia è avvenuto con l’art. 5 del disegno di Legge n. 735 del 2018 (decreto “Pillon”) il quale proponeva il ricorso al coordinatore genitoriale quale figura terza e imparziale con il compito di gestire “in via stragiudiziale le controversie eventualmente sorte tra i genitori di prole minorenne relativamente all’esecuzione del Piano genitoriale”.

La figura del Coordinatore genitoriale ha poi spaziato fra l’ipotesi in cui il Tribunale incaricava il Coordinatore di un ruolo esplicitamente direttivo, con liquidazione giudiziale del compenso dello stesso, quale ausiliario del Giudice, e altre ipotesi in cui il Giudice incaricava il Coordinatore di ruoli di suggerimento e di mera raccomandazione alle parti, lasciando poi all’ambito della sottoscrizione dell’incarico l’individuazione dei poteri del medesimo, così come privatisticamente stabilita doveva essere la determinazione del compenso del professionista.

Generalmente i Giudici, in assenza di specifico supporto normativo, nel conferimento dell’incarico, hanno fatto uso del generico potere di adottare “…ogni altro provvedimento relativo alla prole…” di cui all’art. 337-ter comma 2 c.c. sperimentando cosi, con varie declinazioni, la figura del Coordinatore Genitoriale.

Alcuni Tribunali hanno proceduto alla nomina del Coordinatore Genitoriale, su indicazione dello stesso C.T.U., è anche accaduto che i genitori stessi richiedessero che fosse lo stesso C.T.U. a svolgere la funzione di coordinatore Genitoriale14 (figure mai sovrapponibili) o invitati dallo stesso Tribunale15 a verificare la possibilità di ricorrere alla nomina di un coordinatore genitoriale, nomina effettuata sempre su base volontaristica e mai imposta dal Tribunale men che meno dal C.T.U.

Alcune pronunce hanno sottolineato la necessità di una designazione su mandato esclusivamente privato16 mentre in altre il Co.Ge. è stato assimilato alla figura dell’ausiliario con nomina giudiziale.17

V’è stato poi un orientamento intermedio che ha coniugato l’atto di designazione da parte del Giudice, con invito alla formalizzazione dell’incarico privato, entro il termine assegnato alle parti.

Pure le funzioni attribuite al Coordinatore genitoriale hanno mostrato diversificazioni, con compiti che oscillavano dal monitoraggio, al sostegno della genitorialità, alla vigilanza sul regime di visita, al coordinamento con i servizi sociali, alla predisposizione di relazione informativa al Giudice.

Il Tribunale di Como in composizione collegiale, nell’ambito di un procedimento ex artt. 337 bis ss. e 737 c.p.c., ha ritenuto necessario di ordinare ai genitori, dopo avere dimostrato la nomina del Co.Ge. con deposito del contratto, di dover conferire al Co.Ge. nel supremo interesse del Minore, poteri di decisione qualora si verifichino situazioni di insanabile conflitto in riferimento all’ambito sanitario, scolastico e ludico sportivo, avvisandoli che in ipotesi di non rispetto di tali ordini, avrebbe disposto l’affido dei Minori all’Ente, avvertimento determinato anche dal contenuto delle relazioni dei Servizi Sociali. Vi è poi un caso rilevante che merita di essere esaminato con maggiore attenzione, anche perché oggetto di una pronuncia da parte della Suprema Corte di Cassazione18 a seguito di gravame, in cui il coordinatore genitoriale era stato nominato dal Tribunale di Milano su suggerimento del C.T.U, al fine di portare la coppia a contenere il conflitto e dialogare, garantendo il rispetto di un eventuale affidamento condiviso.

La Sentenza ha affrontato, l’interessante questione del valore delle Relazioni del coordinatore presentate nel corso del processo, giungendo a una interpretazione come possibile mezzo di prova atipica e di conseguenza liberamente apprezzabile dal Giudice.

Tale interpretazione ha suscitato non poche critiche da parte della dottrina, poiché è stato osservato che vi sia stata un indebita equiparazione delle relazioni del coordinatore genitoriale con le risultanze della C.T.U., le quali presentano finalità e presupposti ben diversi: il C.T.U è chiamato a valutare l’idoneità genitoriale, mentre il coordinatore Genitoriale opera una funzione di sostegno e coordinazione della coppia che si trova in una condizione di alta conflittualità, non ha nessun ruolo in merito a valutazioni circa le competenze genitoriali, pertanto le relazioni da lui redatte non possono assumere valore di prova atipica.

Oggi, l’art. 473 bis 26 c.p.c. al comma 2 dispone che “ilgiudiceindividuagliobiettivi dell’attivitàdemandataall’ausiliario,traquelliindicatinelprimocomma,efissaitermini, anche periodici, entro cui l’ausiliario deposita una relazione sull’attività svolta e quelli entrocuilepartipossonodepositarenotescritte”.

È una procedura analoga a quella del CTU inoltro della bozza e successive osservazioni dei rispettivi CTP, qualora nominati, assonanza individuabile anche laddove la norma indica il professionista come un possibile soggetto scelto nell’Albo dei CTU.

L’excursus dell’applicazione concreta dello strumento della coordinazione genitoriale, ante riforma, seppure risentendo del vuoto normativo che l’ha esposto ad una frammentazione e a volte “malpractice”, ha comunque consentito di dimostrare di essere un’ effettiva risorsa per il contenimento e risoluzione dell’alta conflittualità genitoriale, garantendo una reale tutela al Minore, oltre a permettere di attuare gli scopi deflattivi del contenzioso giudiziario.

Le coppie genitoriali smarrite nel nell’aspro conflitto difficilmente riescono a superare da sole l’impasse della difficile interazione, ma è dimostrato che quando inserite in un contesto istituzionale strutturato che le guidi, anche in maniera direttiva, in un lavoro sinergico tra Istituzioni e parti, è possibile orientarle criticamente, non passivamene, verso soluzioni alternative di risoluzione del loro conflitto, ottenendo l’effettivo depotenziamento dell’alta conflittualità.

Si auspica che l’introduzione dell’art. 473 bis 26 c.p.c possa facilitare il ricorso all’ausilio del Co.Ge. da parte delle Istituzioni cosi da conferire un valido riconoscimento al metodo, oltre che sensibilizzare i genitori all’effettiva conoscenza dei diritti dei minori e in particolare dell’art. 13 della Convenzione di Strasburgo, laddove sancisce che è diritto dei minori di essere tenuti fuori dal contenzioso giudiziario, permettendo loro di acquisire la consapevolezza del rispetto di tali diritti, cosi da dovere ricorrere a metodi alternativi di risoluzione del conflitto e non di poter ricorrere, non è più una scelta, ma un dovere nel rispetto dei diritti e degli interessi dei figli.

L’unica certezza resta la necessità di una profonda svolta culturale che ponga realmente e concretamente al centro il migliore interesse del Minore nell’attuazione di una politica minorile concretamente indirizzata all’attuazione dei diritti dei minori in situazioni di crisi genitoriali.

1.4 Il ruolo del coordinatore genitoriale all’interno del processo

Il modello integrato, secondo le linee Guida, dispone che la figura del Co.Ge., non possa assumere incarichi in un doppio ruolo, simultaneo o successivo, all’interno del Processo, seppure abbia una maggiore autorità, rispetto all’avvocato, al mediatore o lo Psicoterapeuta, talvolta ha una maggiore accessibilità rispetto al Giudice e conoscenze della salute mentale che mancano al Giudice, all’Avvocato e forse anche al Mediatore e Tutore, nonché conoscenze di diritto, che mancano allo psicoterapeuta e talvolta anche ai Mediatori se non sono avvocati. Nonostante, l’eterogeneità di tali competenze e ruoli, non può accettare il caso se ha già prestato servizi professionali alle parti, o abbia ricevuto incarichi dal Tribunale nella stessa procedura. Ciò per evitare un doppio ruolo professionale con i genitori e figli.

In particolare non può sovrapporsi al CTU, poiché, le aspettative e le linee Guida per ciascuno di tali professionisti sono diverse e perseguono obiettivi diversi, l’operato del Co.Ge. copre di solito un periodo prolungato di tempo (1/ 2 anni) la CTU. è limitata a giorni o mesi, il Co.Ge. non ha poteri valutativi, diversamente dal CTU, il Co.Ge. può solo valutare i punti di forza e di debolezza di ciascun genitore. Il CTU, invece, fornisce indicazioni in merito a quanto richiede il Giudice di solito in relazione all’affidamento dei figli, le modalità di frequentazione, in caso di violenze domestiche valutare la necessità di interventi di protezione, mentre il Co.Ge non ha mai tali poteri di indicazioni ponendosi solo quale soggetto a sostegno nell’esecuzione di punti già decisi dal Giudice con provvedimenti temporanei e urgenti o successivamente in fase istruttoria della causa per la redazione del Piano genitoriale.

Il Co.Ge inoltre non assume la veste di Testimone Esperto, qualora debba relazionare al Giudice, poiché questo implicherebbe la perdita di imparzialità di fronte ai genitori, ma può essere sentito come Testimone dei Fatti e quindi mero informatore, mantenendo cosi una posizione imparziale e riportando al Giudice i fatti, ad esempio, se le parti hanno partecipato agli incontri; se hanno onerato il pagamento degli onorari; se hanno mantenuto fede agli impegni presi, sarà poi compito del Giudice valutare l’incisività o meno di quanto testimoniato dal Co.Ge in relazione ai provvedimenti che dovrà adottare.

Qualora dovesse essere chiamato a rendere testimonianza nella veste di Testimone Esperto, sarà poi responsabilità dello stesso valutare se proseguire il percorso, con i genitori, valutando benefici e rischi.

L’incontro del Co.Ge. con il minore può avvenire da parte del Co.Ge., solo qualora esso stesso lo ritenga indispensabile ed è sempre e solo un ascolto finalizzato ad acquisire elementi che possano essere utili alla tutela del minore ad esempio può essere necessario conoscere i bisogni del bambino, rispetto a quelli percepiti dai genitori soprattutto se contrastanti fra di loro e sempre che abbia ricevuto l’autorizzazione scritta da parte degli genitori, oppure se c’è un interruzione dei rapporti con uno dei genitori. È comunque sempre una scelta del coordinatore genitoriale decidere o meno di ascoltare il Minore, poiché gli atti processuali, nella maggior parte dei casi, consentono già al Co.Ge. di conoscere il Minore, senza la necessità di doverlo incontrare per non appesantire il proprio vissuto emotivo, soprattutto se già ascoltato dal Giudice o altre figure professionali.

2. Il coordinatore genitoriale e il piano genitoriale nel processo civile

La Riforma Cartabia all’art. 473 bis 12 4° comma c.p.c. dispone che, nei procedimenti relativi ai minori, al Ricorso introduttivo sia allegato un Piano genitoriale che indichi gli impegni e le attività quotidiane dei figli relativi a scuola, percorso educativo, alle attività scolastiche, alle frequentazioni abituali, all’attività sportive, alle vacanze solitamente godute con i genitori. Il convenuto, al momento della Sua costituzione, ex art. 473 bis 9 c.p.c. dovrà depositare il proprio Piano genitoriale. Previsione estesa anche qualora vi siano figli maggiorenni portatori di handicap.

Sono pertanto i genitori i soggetti destinatari della norma, i quali nella fase di esordio processuale devono comunicare al Giudice, in maniera sintetica e chiara, tutte le informazioni che riguardano il Minore in un’ottica di collaborazione con lo stesso.

Lo scopo dell’obbligo, imposto ai genitori, persegue un duplice obiettivo, rendere celere il processo civile, permettendo cosi alle parti di non essere troppo a lungo invischiate in un processo e assicurare una tempestiva tutela dei diritti del Minore o del Maggiorenne portatore di handicap.

È uno strumento posto a tutela del Minore sia perché richiede l’osservanza e l’attuazione delle norme di cui all’art. 316 ss c.c. che impongono, come già osservato, precisi doveri genitoriali , in relazione a tutti gli aspetti di vita del minore, sia perché, dovrebbe consentire al Giudice di emettere i provvedimenti, di cui agli artt. 473 bis 22 e 473 bis 23 c.p.c.. L’immediata operatività del piano genitoriale permette, inoltre, al minore di avere un veloce e efficace accesso ai propri genitori, oltre ad evitare, al Giudice, di emettere provvedimenti inappropriati, perché troppo generici o standardizzati o in contrasto con le esigenze lavorative dei genitori o della precedente organizzazione familiare, dove i genitori erano una coppia. Inoltre dovrebbe impedire, ciò che finora è accaduto nelle prassi giudiziarie, ovvero che la controversia si sposti in un piano di secondo livello finalizzato alla specificazione del piano genitoriale.

Le criticità, però, che si presentano alla redazione di un Piano genitoriale allegato agli atti introduttivi o alle istanze di modifica in corso di causa, è individuato nella circostanza che si impone ai genitori, in una situazione di difficile lucidità, di concretizzare aspetti della vita del minore e della famiglia, di cui hanno poca chiarezza nella sua pratica attuazione. Il conflitto fra genitori in esordio giudiziale è all’apice e complesso, mentre in corso di causa non è ancora venuto meno, nonostante, l’intervento del giudice e spesso la redazione dei due Piani, a volte anche contrastati, pone il Giudice di fronte a dettagli inerenti questioni anche di secondo livello, non sceverate con l’altro, incrementando criticità, poiché introduce nel processo questioni ulteriori alle principali – modalità di affidamento, dimora abituale, frequentazione figlio/genitori – non urgenti, né necessariamente attuali, che non consentono al Giudice di poter essere decise immediatamente stante la necessità di una fase istruttoria, ma che restano fonte di contrasto fra i genitori.

Ebbene in tale fase, la nomina di un Esperto che coordini e coadiuvi i genitori allo sviluppo del Piano Genitoriale, evita il rischio dell’inasprirsi del conflitto su questioni la cui soluzione (che seppure dovrebbe essere offerta dalla contingenza e della quotidianità dei genitori, nel condurre l’esistenza propria e del minore e senza necessità di un intervento giudiziale) consentirebbe di condurli a vedere altre e alte soluzioni possibili, portandoli fuori dal contrasto quotidiano, utile anche per la risoluzione delle questioni di maggior rilevanza.

La coppia genitoriale dovrebbe essere sostenuta rapidamente nel risolvere i punti critici di stesura del Piano genitoriale o nel risolvere le difficoltà di attuazione degli stessi, perché gli attriti si presentano, maggiormente nel momento di assumere decisioni quotidiane riguardanti il Minore, tanto da essere divenute una delle principali fonte di ostilità e di ripetute istanze al Giudice.

La stesura di un Piano Genitoriale, discusso e approvato dai genitori assieme ad un Esperto del metodo di coordinazione Genitoriale, consente anche di evitare di prospettare al Giudice ogni questione attinente il Minore, su cui poi dovrebbe pronunciarsi ex art. 316 c.c., con il grave rischio di una dismissione dei doveri genitoriali e di cogenitorialità ed una delega al giudice a decidere della cura e dell’educazione del minore. Ossia una delega totale al Tribunale a curare e educare i figli, quindi una deresponsabilizzazione per legge dei genitori, già scarsamente responsabili del dovere di cogenitorialtà, diversamente, avrebbero altrimenti trovato una definizione comune.

Valutare due piani e due proposte dei genitori, e magari piani di cura formulati da nonni o genitori sociali, rischia poi di appesantire il compito del giudice in esordio e durante il processo, impegnandolo in questioni ordinarie più che di diritto. Sotto questo profilo la figura dell’Esperto, qualora applicata immediatamente, è una risorsa preziosissima per il Giudice e sicuramente deflattiva del contenzioso, poiché, permette non solo ai genitori di trovare soluzioni condivise, ma anche di entrare in un percorso di conoscenza dei diritti inviolabili dei propri figli, troppo spesso ignorati e iniziare ad osservare i propri agiti disfunzionali attraverso l’operato tecnico del Co.Ge., senza sentirsi giudicati, né ipotizzare fazioni o favoritismi o illusioni di vinti e vincitori.

Diverso qualora il Coordinatore Genitoriale operi in un ambito privatistico senza l’ordine del Giudice, in tali ipotesi potrà essere investito del compito di aiutare i genitori alla stesura del Piano Genitoriale. Ovviamente, è un ipotesi residuale, che può presentarsi qualora i coniugi, non riuscendo a trovare soluzioni condivise nella disciplina del piano organizzativo dei loro figli, con altro rischio di scivolamento, a poco e poco, nell’aspro conflitto, decidano di rivolgersi ad una figura terza che sia in grado di coordinarli nei punti controversi, laddove a volte i rispettivi avvocati riescono.

In tali ipotesi il Co.Ge. può essere un valido strumento a cui ricorrere perché aiuterebbe i genitori a sciogliere i punti critici e tutelare il Minore da derive dei genitori in situazioni conflittuali nella redazione del Piano Genitoriale o nella sua futura esecuzione, evitando cosi di spostare il conflitto nelle aule giudiziarie. In tali casi il Co.Ge. opera nell’ambito di un rapporto privatistico che impone la sottoscrizione di un contratto giuridico, anche e soprattutto, per delineare nei minimi dettagli l’operatività dello stesso ed evitare che il percorso di coordinazione possa diventare causa di ulteriore conflitto.

Da ultimo nei ricorsi per Separazione consensuale la norma non prevede l’allegazione del Piano genitoriale cosi come per i procedimenti di negoziazioni assistite, ma ciò non toglie che le parti volontariamente possano allegarlo per avere un atto formale a cui fare riferimento anche nelle ipotesi di criticità future e anche in tali situazioni, si ritiene, come la redazione di un buon Piano genitoriale, con ausilio di un Co.Ge. e senza ricorrere a modelli standard, ma strutturato per la singola famiglia e singolo caso familiare, possa garantire un buon successo di attuazione, evitando cosi possibili, frequenti e successivi, ricorsi all’autorità giudiziaria.

3. Il coordinatore genitoriale e la negoziazione assistita

Oltre al Ricorso avanti il Tribunale Civile, le coppie che intendono separarsi possono ricorrere all’istituto della negoziazione assistita, introdotta nel 2014 perseguendo l’obiettivo deflattivo di condurre le controversie familiari fuori dal processo, potenziando la capacità dei coniugi di autodeterminarsi nella gestione del proprio ruolo genitoriale attraverso l’ausilio dei rispettivi avvocati.

E’ considerata una procedura di risoluzione alternativa delle controversie, la quale cerca di risolvere i contrasti fra i due genitori attraverso il raggiungimento di un accordo, al pari della mediazione, individua gli interessi e punti in comune e i punti di contrasto cercando di addivenire ad un intesa. La negoziazione è possibile solo quando il livello di conflittualità è basso ed è ancora possibile un dialogo fra i due coniugi.

Gli artt. 2 e 6 della Legge n. 162/2014 però, non hanno indicato un binario ben preciso entro cui operare nella negoziazione assistita nell’ambito del diritto di famiglia, limitandosi a far riferimento al generico obbligo di negoziare secondo buona fede e lealtà e nell’obbligo del rispetto di riservatezza. Oggi, a seguito della Riforma Cartabia, la negoziazione è applicabile anche alle coppie di fatto, prima alle sole coppie sposate.

Purtroppo, finora, il ricorso alla negoziazione assistita si è rivelato poco efficace, poiché, le coppie assistite dai rispettivi difensori, (è obbligatorio che abbiano almeno un avvocato per parte) difficilmente riescono a negoziare avendo ben a mente il migliore interesse del minore e senza precipitare nelle proprie istanze e posizioni che vorrebbero vedere soddisfatte. Se la negoziazione avviene nel campo delle posizioni reciproche e non nell’interesse del minore, non c’è una negoziazione, ma solo l’intenzione di vincere, e pertanto è sovente destinata a fallire.

La criticità della negoziazione, nell’ambito del diritto di famiglia, sta proprio nel come si entra nella negoziazione ed è per tali motivi che l’impiego della figura del coordinatore Genitoriale, quale figura terza, potrebbe aiutare le parti coinvolte ad andare oltre la difesa delle proprie posizioni sostenute dai propri difensori, cosi da permettere di entrare in un nuovo terreno libero da posizioni, dove l’interesse primario è l’obiettivo che si vuole raggiugere nel percorso di negoziazione che, di fatto, dovrebbe essere sempre l’ interesse dei minori e la capacità di esercitare il proprio ruolo genitoriale senza ricadute nel conflitto. Nell’ipotesi in cui le parti dovessero acconsentire a ricorrere al Coordinatore genitoriale, in fase di negoziazione assistita, questi svolgerebbe il proprio ruolo come libero professionista, senza prescrizioni da parte del Tribunale, ed esercitando la propria attività in base ad un contratto che stipulerà con le parti sostenute dai rispettivi avvocati.

Il ricorso al Coordinatore genitoriale, nella fase di negoziazione assistita, può avere una valore laddove sia necessario ricorrere all’ascolto del Minore19, qualora vi sia un’alta conflittualità generatrice di un sospetto disagio emotivo del minore e un conseguenziale stallo negoziale, in tali casi creare un setting neutro, scevro da istanze emotive delle parti, richieste risarcitorie, pretese di affidi esclusivi o di ristori affettivi, può condurre le parti a “vedere” il Minore, ri-orientandoli e permettendo al bambino di manifestare la propria voce e dare attuazione al rispetto del proprio diritto alla bigenitorialità.

Il Coordinatore genitoriale, in tali situazioni, ha la capacità non solo di esaminare attentamente il contesto in cui è chiamato ad operare, al fine di individuare la tipologia della coppia e della conflittualità che li caratterizza, ma anche e soprattutto, la questione della negoziabilità dei diritti del minore, poiché alla luce della normativa sopra esaminata, tutte le parti coinvolte devono agire in osservanza del migliore interesse del minore e tutelando i diritti a lui riconosciuti.

E’ essenziale, anche che i genitori abbiano chiari quali siano i diritti negoziabili del minore e i suoi limiti, anche in relazione alla sua capacità di autodeterminazione e in previsione della progressiva acquisizione di autonomia e quindi anche alla capacità di poter tutelare autonomamente i propri interessi e diritti, come ad esempio, scegliere il proprio orientamento sessuale o religioso.

Il Coordinatore Genitoriale nel suo ruolo imparziale ma non neutro, opera, sempre e comunque tenendo bene a mente il perseguimento dell’interesse del minore che a volte può anche non coincidere con le richieste del minore stesso, se contrarie ai suoi interessi, che si traducono nel mantenere un rapporto equilibrato e continuativo con entrambi i genitori, ricevere educazione, cura assistenza morale da entrambi conservare rapporti significativi con i parenti.

4. Conclusioni

Le separazioni conflittuali, nell’epoca odierna, sono le principali cause dell’ indebolimento della perdita del rapporto figlio genitori, nonostante, l’importante normativa a tutela dei diritti del minore.

Ciò che serve, ora, non sono trattati, discussioni, commissioni di lavoro o altre leggi restrittive o punitive, oggi serve formazione, cultura e applicazione della coordinazione genitoriale, preparate e competenti, previste dalla recente Riforma nell’ambito del diritto di famiglia, affinché possa iniziare un nuovo modello di risolvere le controversie nell’ambito del diritto della Famiglia e Persone.

La difficoltà maggiore è dare attuazione all’affidamento condiviso, affidamento che deve assicurare benessere e crescita serena al minore, poiché laddove i genitori permangono nel conflitto, nonostante i loro Accordi separativi o provvedimenti giurisdizionali, non saranno comunque capaci di riconoscere l’uguaglianza dei ruoli genitoriali con pari diritti e doveri ex art. 143 c.c.

Il riconoscimento dell’altro genitore da sé è il primo e importante passo evolutivo che la coppia deve compiere, perché è solo per mezzo del riconoscimento dell’altro genitore, con i suoi punti di forza e di debolezza, che si impedisce alle emozioni di polarizzarsi nel disprezzo e nell’annientamento, positivizzando cosi la relazione e iniziando un nuovo percorso di vita genitoriale.

La separazione porta con sé la divisione per il minore due case, due vite, due famiglie, due abitudini e diversi orari, che possono costituire spaesamento e dolore se mal gestite, portandolo a una costante ricerca di sicurezza e protezione all’esterno, fuori da sé e dall’ambito familiare, il minore si smarrisce.

Qualora gli adulti fossero in grado di saper essere Adulti, creando armonia e forza attorno a queste due “case” allora per il Minore potrebbero divenire punti di forza e di sostegno, riconoscendo un senso di appartenenza ad entrambi senza perdere il contatto con l’amore e lo scambio reciproco che ogni figlio richiede con il proprio genitore.

Il coordinatore genitoriale ha il potere, attraverso la propria esperienza personale e professionale e la preparazione multidisciplinare, di accompagnare i genitori nel proprio e altrui riconoscimento, permettendo cosi di vedere altre realtà, di uscire dagli schemi mentali in cui sono caduti per condizionamento familiare, sociale e relazionale e mostrare loro l’illogicità di certi ragionamenti degenerativi, attraverso criteri di imparzialità.

È quindi essenziale che i Tribunali e le Istituzioni comprendano l’importanza di tale figura Professionale esperta nel metodo di coordinazione genitoriale, promuovendone il ricorso, poiché, solo con un intervento qualificato le famiglie possono superare la trappola del conflitto, imparando a riconoscere le cause e le emozioni messe in gioco e con nuove consapevolezze e competenze possono iniziare a dirigere i propri agiti nel migliore interesse dei propri figli scoprendo e conoscendo l’amore, anche in un doloroso processo separativo.

Se i grandi sapessero unirsi ai piccoli, tutti starebbero bene”

ESOPO, Favole


1 RECALCATI Massimo, Cosarestadelpadre? Lapaternitànell’epocaipermoderna, Raffaello Cortina Ed., Milano, 2017.

2 CARTER Debra K., Coordinazione genitoriale una Guida pratica per professionisti del diritto di famiglia”, FrancoAngeli, Milano, 2014.

3 Esperta riconosciuta a livello internazionale sul tema della coordinazione Genitoriale, cofondatore del National Cooperative Parenting Center (NCPC).

4 GORASSINI Attilio, La responsabilità genitoriale come contenuto della Potestà, in (a cura di C.M. Bianca) Filiazione. Commento al decreto attuativo, Giuffré, Milano, 2014.

5 Il figlio minore ha il diritto di mantenere un rapporto equilibrato e continuativo con ciascuno dei genitori, di ricevere cura, educazione, istruzione e assistenza morale da entrambi e di conservare rapporti significativi con gli ascendenti e con i parenti di ciascun ramo genitoriale.

Per realizzare la finalità indicata dal primo comma, nei procedimenti di cui all’articolo 337 bis, il giudice adotta i provvedimenti relativi alla prole con esclusivo riferimento all’interesse morale e materiale di essa. Valuta prioritariamente la possibilità che i figli minori restino affidati a entrambi i genitori oppure stabilisce a quale di essi i figli sono affidati, determina i tempi e le modalità della loro presenza presso ciascun genitore, fissando altresì la misura e il modo con cui ciascuno deve contribuire al mantenimento, alla cura, all’istruzione e all’educazione dei figli. Prende atto, se non contrari all’interesse dei figli, degli accordi intervenuti tra i genitori. Adotta ogni altro provvedimento relativo alla prole, ivi compreso, in caso di temporanea impossibilità di affidare il minore a uno dei genitori: affidamento familiare. All’attuazione dei provvedimenti relativi all’affidamento della prole provvede il giudice del merito e, nel caso di affidamento familiare, anche d’ufficio. A tal fine copia del provvedimento di affidamento è trasmessa, a cura del pubblico ministero, al giudice tutelare.

6 Corte di Cassazione n. 26587/2009 e n. 977/2017.

7 Articolo abrogato dal D.lgs.n. 149/22 ( applicabile ai soli processi civili pendenti in data 28.02.2023) introducendo due nuovi articoli 473 bis 38 e 473 bis 39 c.p.c.

8 La figura del coordinatore genitoriale, mutuata dall’esperienza statunitense, è stata sperimentata dai Tribunali di merito sul modello cosiddetto“integrato”delle Linee Guida della AFCC (Associationof Familyand Conciliation Courts), che è stato divulgato in Italia nel 2012 da Debra K. Carter.

9 Cit. nota 2.

10 Cfr. Corte di Cassazione, 6 marzo 2019, n. 6335.

11 A tale proposito, la Relazione illustrativa ai lavori preparatori della riforma pubblicata in Gazzetta Ufficiale il 19.10.2022 serie genarle n. 245 per una migliore comprensione degli obiettivi perseguiti dalla Riforma : “ L’articolo di cui all’art. 473 bis 26 c.p.c costituisce attuazione del criterio delega contenuto nell’art. 1 comma 23 lett. ee) l.n. 206/2021 nel quale è prevista “ la facoltà per il giudice, anche relatore, su richiesta concorde di entrambe le parti, di nominare un professionista, scelto tra quelli iscritti nell’albo dei consulenti tecnici d’ufficio, ovvero anche al di fuori dell’albo in presenza di concorde richiesta delle parti, dotato di specifiche competenze in grado di coadiuvare il giudice per determinati interventi sul nucleo familiare, per superare i conflitti tra le parti, per fornire ausilio per i minori e per la ripresa o il miglioramento delle relazioni tra genitori e figli”. Ispirato da buone prassi presenti in taluni Tribunali, che si sono sviluppate e dalla constatazione della necessità che il giudice della famiglia e dei minori sia coadiuvato da professionisti esperti in altri saperi, non solo ai fini di valutazione ma anche al fine di attuare, specifici interventi.

La norma in esame prevede la possibilità che il Giudice, (il potere deve essere riconosciuto anche in corso di causa) possa nominare ai sensi dell’articolo 68 c.p.c. un professionista, scelto tra quelli iscritti all’albo dei CTU (ovvero anche al di fuori dell’albo, in presenza di concorde richiesta delle parti), per compiere specifiche attività, espressamente demandate dal giudice, qualora necessarie alla risoluzione del conflitto familiare o a fini di ausilio o sostegno alla relazione genitori-figli. Si pensi, ad esempio, ai numerosi casi in cui, pur in assenza di condotte gravemente pregiudizievoli del genitore, siano diradati o interrotti i rapporti genitori figli ovvero il figlio sia in tenera età ed emergano resistenze da parte del genitore convivente a consentire a libere frequentazioni da parte dell’altro, giudicato inidoneo all’ accudimento, ovvero anche alle ipotesi, non infrequenti, in cui i minori adolescenti abbiano difficoltà di relazione con l’esterno anche a causa della vicenda separativa che ha coinvolto il nucleo familiare. In queste ipotesi il ricorso a professionisti (psicologi, assistenti sociali, pedagogisti etc..) può essere un valido e spesso risolutivo aiuto. Al fine di controllare l’operato del professionista è tuttavia necessario inserirlo in una cornice processuale, che viene individuata nell’art. 68 c.p.c. nell’ambito del singolo procedimento il professionista verrà nominato ausiliario del giudice ai sensi del richiamato art. 68 c.p.c nella “qualità di esperto in una determinata professione” incaricato di assistere il Giudice ai sensi dell’art. 337 ter c.p.c norma che prevede che il Giudice adotti “i provvedimenti relativi alla prole con esclusivo riferimento all’interesse morale e materiale di essa” per assicurare che il figlio mantenga un rapporto equilibrato e continuativo con ciascuno dei genitori”, solo il ricorso ad un professionista esperto può consentire di assistere l’autorità giudicante nel compimento di queste attività.

La norma prevede che a queste figure possa farsi ricorso solo previo assenso di entrambe le parti del processo in primo luogo per i costi che saranno a carico delle parti nel caso di nomina dell’ausiliario (salva la possibilità di ricorrere al patrocinio a spese dello Stato per le parti ammesse al beneficio) e, inoltre, in considerazione della particolarità degli interventi che con questo strumento verranno attuati e che necessitano della collaborazione e non dell’opposizione delle parti. In caso di opposizione il giudice potrà ricorrere agli ordinari strumenti di ausilio (quali ad esempio incarichi al servizio sociale – assistenziale).

12 Tribunale di Bergamo, 30.05.2024 “ – intervenire sul nucleo familiare al fine di superare i conflitti fra le parti; – aiutare le parti a realizzare un progetto di genitorialità condivisa che riduca il più possibile la conflittualità tra loro e aumenti la fiducia reciproca, fornendo reciproche raccomandazioni in caso di disaccordo su aspetti di ordinaria amministrazione, ovvero favorendo il raggiungimento di un intesa fra di loro in caso di disaccordo su aspetti di straordinaria amministrazione (es. scelta della scuola o delle altre attività ludico sportive praticate dai figli) che tengano conto in misura prioritaria dei bisogni espressi delle figlie; – coadiuvare i genitori nell’organizzazione degli impegni quotidiani delle figlie, scolastici e d extrascolastici, fornendo loro, in caso di disaccordo, precise raccomandazioni, ed agevolando lo scambio di informazioni (attraverso modalità condivise preventivamente) e la capacità di considerare l’altro genitore come una valida risorsa di cui avvalersi anche nei periodi di propria spettanza promuovendo sempre l’altra figura genitoriale rispetto a persone terze (es.baby sitter ). – sostenere ciascun genitore nella capacità di cogliere e sintonizzarsi maggiormente su i bisogni specifici di ciascuna figlia, oltre che sulle fatiche disagi e/o malesseri che dovessero insorgere o essere riscontrati; dispone che i difensori delle parti trasmettano all’esperto nominato tutti gli atti di parte e tutti gli atti del processo, invitando a tal fine le parti e i rispettivi difensori a una comunicazione con l’esperto ispirata ai canoni di correttezza e trasparenza”.

13 Cit. nota 9.

14 Tribunale di Pavia del 9.12.2020.

15 Tribunale di Milano, IX Sez. civile – Famiglia del 29.07.2016.

16Tribunale di Bologna del 20.12.2018.

17 Tribunale di Bergamo n. 637 del 07.03.2023.

18 Cassazione, I Sez. civile, 19.09.2022, n. 27348.

19 I precetti del Codice deontologico all’art. 56 Codice di deontologia forense vietano all’avvocato di ascoltare il minore.


Bibliografia essenziale

CARTER Debra K., Coordinazione genitoriale una Guida pratica per professionisti del diritto di famiglia”, FrancoAngeli, Milano, 2014.

GORASSINI Attilio, La responsabilità genitoriale come contenuto della potestà, in (a cura di C.M. Bianca) Filiazione. Commento al decreto attuativo, Giuffré, Milano, 2014.

PASQUILI Raffaella, La famiglia nel tempo, in (a cura di Serafin Silvana e Brollo Marina) Donne, politica e istituzioni: il tempo delle donne, Forum Editrice Universitaria, Udine, 2013.

RECALCATI Massimo, Cosa resta del padre? La paternità nell’epoca ipermoderna, Raffaello Cortina Ed., Milano, 2017.

Banche date editoriali DeJure.

Codice deontologico forense.

Osservatorio Nazionale del diritto di Famiglia.

Relazione Illustrativa lavori preparatori della Riforma Cartabia pubblicata in Gazzetta Ufficiale del 19 ottobre 2022, serie generale, n. 245;

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