Concorso colposo nel reato doloso: questioni controverse

Introduzione

Nell’ambito del concorso di persone nel reato, anche con riferimento alla forma dell’agevolazione colposa, ci si è chiesti in quale grado e qualità il concorso o la cooperazione debbano configurarsi con riferimento alla fattispecie tipica posta in essere da un altro soggetto. In particolare, ci si domanda se sia o meno necessario concorrere o cooperare anche nell’elemento soggettivo. Il presente contributo non ha la pretesa di addivenire alla soluzione dei contrasti insorti in ordine a tale tematica ma, cerca di fare luce sulla logica posta a base dei medesimi e allo stesso tempo di offrire altri spunti di riflessione.

La cooperazione colposa e la colpa di cooperazione

Nel previgente codice Zanardelli l’istituto della cooperazione colposa non era normato. Alla base di tale scelta vi era il diverso ruolo ricoperto dall’accordo. Il concorso di persone nel reato, infatti, era caratterizzato per l’accentramento dell’adesione volontaristica completa all’altrui condotta, conseguenza diretta dell’impostazione unitaria che caratterizza la fattispecie dell’art. 110 codice penale. Il codice Rocco, complice della sua vocazione punitiva, per non lasciare zone franche, introdusse la cooperazione colposa all’art. 113, senza addurre elementi descrittivi specifici. In particolare, tale articolo definisce la cooperazione colposa in funzione di un collegamento eziologico dell’azione di un terzo all’azione di chi sta realizzando il delitto colposo, entrambe idonee a determinare lo stesso evento. Ciò che rileva in primissima battuta è, non solo la differente terminologia utilizzata, concorso per quello doloso previsto dall’art. 110, cooperazione per quello colposo indicato nell’art. 113, ma la struttura differente a cui tale differenziazione si aggancia.

Infatti, per quanto concerne l’art. 110 codice penale, il Legislatore è come se richiedesse al terzo un grado di adesione alto tale da riguardare quel particolare reato. Nella cooperazione colposa, invece, l’adesione è riferita solo all’evento del delitto posto in essere dal soggetto agente. Venuta meno dunque la necessità di un previo accordo, bisogna ragionare sull’elemento psicologico che caratterizza il concorso al fine di differenziare tale fattispecie dalla realizzazione della configurazione base. In altre parole, va chiarito cosa si intenda per cooperare nell’evento. La questione è di particolare importanza non solo per descrivere analiticamente la cooperazione colposa, ma per segnare un confine con l’istituto del concorso di cause (colpose) indipendenti ai sensi dell’art. 41 comma 2 codice penale.

In entrambi i casi, si verifica una coincidenza, sul piano fenomenico, in ordine alla causazione di un certo evento (naturale o giuridico) da parte di due o più condotte. È chiaro che, affinché possa realizzarsi la cooperazione colposa, si necessita di un quid pluris. Ecco allora che tale elemento vada rintracciato nella sfera soggettiva del soggetto terzo che coopera nell’altrui delitto colposo.

Venuto meno l’accordo e quindi divenuta ammissibile la cooperazione colposa che trae la sua ragion d’essere nell’elemento psicologico della colpa di cui all’art. 42 codice penale, diventa essenziale argomentare quale sia il grado di partecipazione psicologica necessaria affinché si possa tracciare una linea di confine tra la colpa riferita alla fattispecie base e la colpa riferita alla fattispecie in cooperazione. Non è sufficiente, infatti, postulare che tramite la cooperazione si riesca a punire condotte anomale che, in assenza di tale istituto, non sarebbero state punibili. Tale assunto deve trovare giustificazione sul piano della colpevolezza secondo i dettami di cui all’art. 27 Costituzione.

È in tale prospettiva che si richiede la cosiddetta colpa di cooperazione. Quest’ultima si atteggia, in sostanza, come lo stato di coscienza e la rappresentazione dell’agire congiunto nell’area specifica di un certo rischio, governato da specifiche norme, ordini o discipline o da regole di prudenza, diligenza e perizia proprie di un contesto in cui è possibile o doveroso agire congiuntamente (es. equipe medica). Ne consegue che, nel contesto della cooperazione colposa, sorgono delle apposite regole, espresse o desunte in base alle caratteristiche del soggetto agente, in relazione alle specificità del caso concreto, che governano il rischio di produrre un certo evento tipico dell’agire congiunto.

La prevedibilità della condotta altrui

Come noto, la previsione non costituisce un elemento strutturale della colpa, ma un elemento eventuale che, ove si concretizzi, comporta l’aggravamento della pena per il soggetto che realizza un determinato reato colposo.

La colpa con previsione dell’evento rappresenta, infatti, il grado più alto della responsabilità colposa e lo sbarramento oltre il quale si precipita nell’area del dolo e nella specie a partire dal grado minore dello stesso: il dolo eventuale. Tale assunto è ricavabile dal disposto dell’art. 43 codice penale dove, con riferimento all’elemento psicologico della colpa, si utilizza l’espressione “anche se preveduto”, postulando la responsabilità colposa sulla necessità della non volontarietà dell’evento. La richiamata locuzione lascia aperta alla possibilità che la previsione si verifichi e, allo stesso tempo, definisce l’area della responsabilità colposa fino al limite della previsione. Ne consegue che la previsione non rappresenti un elemento necessario per la configurazione della responsabilità colposa.

Partendo da tale presupposto, si può affermare che l’elemento della prevedibilità non sia ritenuto come necessario neanche nell’ambito dell’agire congiunto. Ciò che rileva infatti è la sola rappresentazione di stare agendo congiuntamente in un’area specifica dell’agire congiunto. Tale conclusione costituisce il punto di partenza dal quale affrontare l’analisi sulle problematiche relative all’ammissibilità del concorso colposo nel reato doloso.

Concorso colposo nel reato doloso

Con riferimento al concorso di persone nel reato, ci si chiede se tale fattispecie, sia nella versione dolosa, che in quella colposa, richieda o meno l’identità dell’elemento soggettivo (elemento strutturale). In altre parole, ci si domanda se sia ammissibile un concorso doloso nel reato colposo ove la fattispecie base\tipica sia, per l’appunto, un reato colposo e un concorso colposo nel reato doloso, ove la fattispecie base\tipica sia il reato doloso.

Con riferimento all’ammissibilità o meno di un concorso doloso nel reato colposo, il dibattito ermeneutico sembra essersi assestato in senso positivo. Sia il dato letterale, ricavabile dall’analisi della fattispecie di cui all’art. 110 codice penale che non postula il concorrere anche nell’elemento psicologico del reato ma si riferisce all’offesa materiale tipica, sia il dato sistemico, evincibile dal raffronto di tale fattispecie con gli artt. 48 (errore determinato dall’altrui inganno), 111 (determinazione al reato di persona non imputabile o non punibile) e 112 n. 2 e 3 codice penale (circostanze aggravanti), confermano la non necessità che i concorrenti siano avvinti dal medesimo elemento psicologico.

Il ragionamento, in altre parole, è di tipo deduttivo e posto sulla considerazione che, se l’ordinamento non esprime chiaramente tale requisito come necessario ai fini della configurazione del concorso e se ammette la possibilità di un concorso anche in presenza di soggetti non imputabili o non punibili, ne consegue che si deve ritenere possibile che si verifichi un concorso tra soggetti che abbiano elemento psicologico diverso. Infatti, il non ammettere il concorso doloso nel reato colposo sarebbe una conclusione in contrasto con l’orientamento a cui il sistema è indirizzato.

Ancora, sarebbe una conclusione illogica escludere il concorso quando ad agire sia un soggetto in colpa e ad ammetterlo quando il soggetto agente sia non imputabile o non punibile. Come noto, la compatibilità del concorso doloso nel reato colposo è ammissibile sia in astratto per le ragioni suddette, che in concreto. Ben può accadere, in realtà, che un soggetto agisca con dolo sfruttando, per realizzare i propri propositi, l’agire colposo altrui e\o l’errore colposo altrui che non sia stato determinato dal terzo che agisce in concorso dolosamente (se l’errore è determinato dal terzo si rientra nella fattispecie dell’art. 48 codice penale).

Per quanto concerne l’ammissibilità del concorso colposo nel reato doloso, il dibattito ermeneutico non è ancora approdato a una posizione univoca o comunque non si registra un orientamento in grado di esprimersi in maniera dominante.

Coloro i quali propendono per l’inammissibilità fanno leva sul principio di tipicità che connatura la responsabilità colposa sancita nell’art. 42 codice penale, la riferibilità della cooperazione al solo reato colposo (denominazione dell’art. 113 codice penale) e sulla presunta incompatibilità strutturale tra chi si rappresenta di agire colposamente e allo stesso tempo prevede l’agire doloso altrui. Secondo tale ultimo assunto, la prevedibilità del fatto doloso altrui renderebbe automaticamente doloso l’atteggiamento psicologico del cooperante. Invero, su tale punto bisogna cercare di fare chiarezza. Si corre infatti il rischio di sovrapporre gli elementi strutturali della fattispecie.

Se si parte dalla considerazione che sia l’art. 110 che l’art. 113 codice penale non implicano che si debba concorrere anche nell’elemento psicologico, ne consegue che si concorre nel primo caso nella medesima offesa tipica e nel secondo nell’evento. Orbene, un conto è il momento della condotta dove si può apprezzare l’esternazione dell’elemento psicologico, un conto è ragionare in base all’evento. L’evento rimanda all’offesa tipica e questo può essere sia doloso che colposo. Ancora, la prevedibilità dell’evento non è idonea a giustificare una responsabilità dolosa. Un soggetto, anche se preveda l’evento, risponde sempre e solo a titolo di colpa secondo il disposto di cui all’art. 42 codice penale, a maggior ragione se l’evento non era previsto ma prevedibile.

Per rispondere a titolo di dolo, non è sufficiente prevedere l’evento, mvolerlo anche nella forma più mite del dolo eventuale, per cui si deve concludere per l’erroneità di tale tesi. Alla stessa conclusione si perviene facendo applicazione dell’elemento psicologico della cooperazione. Per aversi cooperazione colposa, come si è già anticipato, si necessita della configurazione della colpa per la condotta posta in essere dal singolo, maggiorata della cosiddetta colpa di cooperazione e consistente nella coscienza di cooperare con altri alla realizzazione dello stesso evento, a nulla rilevando l’elemento psicologico altrui.

Conclusione

La non necessità che, tra chi concorre o coopera nella determinazione, rispettivamente di un reato\delitto vi sia concorso o cooperazione anche nell’elemento soggettivo, non costituisce violazione del principio di tipicità (legalità) in ragione dell’assenza di un divieto espresso e in assenza di incompatibilità logico-strutturali.

A ben vedere, l’ammettere che si possa riconoscere un concorso colposo nel reato doloso e viceversa, consente di delimitare meglio il tipo e il grado di responsabilità penale effettiva del soggetto agente in coerenza con il principio di colpevolezza, baluardo e prima forma di garanzia della libertà personale (art. 13 Costituzione).

Diversificare il tipo e il grado di responsabilità risponde, in sostanza, alla stessa esigenza di tipicità che permea il sistema penale punitivo, posto anch’esso a garanzia della corretta applicazione della legge, in funzione della tutela dei diritti. In punto di applicazione dei principi che dominano il diritto penale, non vi è e non vi deve essere alcuna differenza tra fattispecie tipiche e fattispecie concorsuali. Ik tal senso, non si riscontra un pericolo di offesa alle garanzie poste a presidio della punibilità. Punire a titolo di colpa un concorso nel delitto doloso, ove questo sia previsto anche nella forma colposa, in ultima analisi, postula il rispetto del principio di colpevolezza che viene, in tal modo, rafforzato in concreto, attraverso l’analisi della fattispecie concreta e la valutazione del tipo e del grado di responsabilità effettiva addebitabile a ciascun agente.

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