L’emblematico caso della nave Diciotti

Con la sentenza n. 5992/2025, pubblicata il 6 marzo 2025, la Corte di Cassazione a Sezioni Unite ha deciso la controversia avente a oggetto la responsabilità della Pubblica Amministrazione per avere negato l’autorizzazione all’attracco della unità navale della Guardia Costiera denominata Ubaldo Diciotti.

Si ritiene che, per una migliore comprensione della pronuncia, sia opportuno ricostruire l’intera vicenda.

Il 14 agosto 2018 fu avvistato nella zona SAR[1] maltese, un barcone con a bordo un gruppo di migranti, per la precisione se ne contarono 190[2] che si apprese poi essere in fuga dall’Eritrea.

Il Governo di Malta si rifiutò di trarli in salvo sebbene fossero nella propria area di ricerca e soccorso, contigua a quella italiana.

Il Mediterraneo centrale è infatti diviso in zone SAR che non hanno la funzione di limitare la giurisdizione degli Stati, ma attribuire alle autorità statali competenze e responsabilità.[3]

Ciò vuole dire che, indipendentemente dalla suddetta ripartizione geografica, in base alle Convenzioni internazionali[4] (UNCLOS[5], SAR, SOLAS[6]) tutti gli Stati che si affacciano su specchi d’acqua marina in cui ci sia necessità di prestare soccorso, una volta che abbiano notizia di qualcuno che si trovi in difficoltà, sono obbligati a coordinare tra loro gli interventi e attivarsi tempestivamente, anche lì dove lo Stato che risulterebbe competente in base ai registri IMO[7] (Organizzazione marittima internazionale dell’ONU) non possa o non voglia farlo direttamente con i propri mezzi.

La ragione è di salvaguardare sempre la vita umana in mare e anche l’accesso a un’equa procedura di asilo, che rientra tra i diritti fondamentali della persona, ex art. 33 della Convenzione di Ginevra sui rifugiati che stabilisce il principio di non respingimento verso paesi nei quali essi potrebbero subire trattamenti disumani o degradanti, anche perché farlo significherebbe violare l’art. 4 della Convenzione Europea dei diritti dell’Uomo.

Sono stati modificati l’art. 33 della Convenzione SOLAS e il Capitolo 3.1.9 della Convenzione SAR – modifica entrata in vigore il 1° luglio 2006 – per garantire il coordinamento e la cooperazione tra gli Stati e sollevare i comandanti delle navi dagli obblighi di assistenza nei confronti delle persone salvate, anche effettuando una minima deviazione rispetto alla rotta prevista dalla nave e organizzare il loro sbarco al più presto.

Spesso infatti non è stato semplice ottenere il consenso di uno Stato a fare sbarcare i migranti soccorsi e i rifugiati, soprattutto quando erano privi di documenti.

Da qui, attraverso gli emendamenti del 2004, l’obbligo, per lo Stato che abbia avuto per primo la notizia dell’evento o che comunque abbia assunto il coordinamento delle operazioni di soccorso, di individuare sul proprio territorio un luogo sicuro in cui concludere le operazioni mediante lo sbarco, qualora non vi sia un accordo con uno Stato più prossimo alla zona dell’evento.

Si badi bene si parla di porto sicuro non di porto più vicino, atteso che quest’ultimo potrebbe non offrire quelle garanzie proprie di uno Stato democratico, come nel caso della Tunisia e della Libia.

In base alla Convenzione di Amburgo del 1979 e a quella Solas, lo sbarco deve avvenire nel paese che ha coordinato i soccorsi, e Malta, ad agosto 2018, giustificò il rifiuto osservando che, in quel tratto di mare, i soccorsi erano stati coordinati per prassi sempre dall’Italia e il successivo sbarco avvenuto di conseguenza sempre in territorio italiano oltre a negare di essere stato il primo Stato intervenuto e quello che per primo li aveva avvistati.

La regola 4.5 dell’Annesso alla Convenzione sulla ricerca e il salvataggio in mare adottata ad Amburgo il 27.4.1979[8], dice che è “vincolato in via primaria all’applicazione delle disposizioni del presente piano il Corpo delle Capitanerie di Porto – Guardia Costiera che rappresenta, per dettato legislativo, l’organizzazione preposta alla ricerca e al salvataggio marittimo.

Concorrono, altresì, gli altri Comandi della Marina Militare (C.M.M.), l’Aeronautica Militare e tutti gli altri organi dello Stato, enti, organizzazioni pubbliche (Comuni, Croce Rossa, A.S.L., ecc.), organismi e soggetti privati incaricati o non di pubblico servizio, che dispongono di mezzi navali, aerei e di telecomunicazioni impiegabili nell’attività di cui trattasi”.

Detto Piano SAR Marittimo Nazionale specifica al paragrafo n. 140 rubricato “Obblighi connessi al Soccorso” che l’ingiustificata omissione dell’obbligo giuridico del soccorso costituisce reato e l’obbligo consiste nel prestare la necessaria assistenza a una persona in pericolo e di dare immediato avviso alle autorità competenti da parte di chiunque sia in grado di farlo.

L’obbligo di soccorso in mare oltre che nelle Convenzioni Internazionali sopra indicate è previsto e disciplinato dalla prassi e dal Codice della navigazione[9] italiano al Capo I “Dell’assistenza e del salvataggio”, art. 489 “Obbligo di assistenza[10] e art. 490 “Obbligo di salvataggio[11].

Il 16 agosto del 2018, fu  la Guardia Costiera italiana a soccorrere i 190 migranti al largo di Malta e ad accoglierli a bordo della propria nave “Ubaldo Diciotti”, l’operazione avvenne alle coordinate: 35° 23,3 N 012°55,6 E, vicino a Lampedusa, ma pur sempre in regione SAR maltese, e la Guardia Costiera italiana indicò la presenza di un’imbarcazione non identificata e a luci spente poco lontana dal barcone, probabilmente la motovedetta maltese che pare abbia scortato la nave dei migranti verso le acque italiane.

Tredici persone furono fatte sbarcare a Lampedusa per motivi di salute e l’IMRCC di Roma chiese a Malta di individuare un POS (place of safety) per gli altri naufraghi in quanto il salvataggio era avvenuto in acque maltesi ed era stata Malta a rivendicare, il 15 agosto alle ore 8.53, il coordinamento dell’evento SAR, da lei stessa definito tale.

Alle richieste italiane però l’RCC di Malta rispose che, se fosse intervenuta nelle operazioni di SAR di un altro Stato, avrebbe commesso un’interferenza e negò che il barcone dei migranti si fosse trovato in difficoltà, quindi, accusò l’Italia di dire il falso per fare scattare l’evento SAR e quindi il soccorso e impedire il passaggio dei migranti in acque di competenza italiana.

La decisione di MRCC Roma di intervenire sebbene il barcone non fosse in SAR italiana ma a una distanza di 4 miglia dall’ingresso della zona, è stata dettata dalla situazione di difficoltà nella quale l’imbarcazione versava ed è stata assunta nel rispetto del diritto internazionale in materia di soccorso in mare.

Espletata la preliminare attività istruttoria, con decreto depositato in data 16 ottobre 2018, il Tribunale dei Ministri di Palermo, esclusa la sussistenza di condotte penalmente ascrivibili a Matteo Salvini fino alla data del 19 agosto 2018, dichiarò la propria incompetenza in ordine ai fatti accaduti nel periodo successivo   all’attracco al porto di Catania e lo sbarco, ossia tra il 20 e il 25 agosto 2018.

Come ricostruito dal Tribunale di Catania, in ragione del modo e del tempo in cui il salvataggio era avvenuto lo Stato italiano era diventato “coordinatore dell’evento SAR e Stato di primo contatto”, con l’obbligo conseguente di concludere la procedura trasferendo i migranti in un porto sicuro.[12]

Né tale poteva considerarsi la nave ospitante perché le linee guida IMO statuiscono al paragrafo 6.14 che “sebbene una nave che presta assistenza possa costituire temporaneamente un luogo sicuro, essa dovrebbe essere sollevata da tale responsabilità non appena possano essere intraprese soluzioni alternative”.

Quella dell’individuazione del POS disciplinata dalla direttiva SOP 009/15 è una procedura amministrativa e l’atto è endoprocessuale, non discrezionale ma dovuto e, individuato il POS in via provvisoria, questo viene comunicato al Gabinetto del Ministro il quale, sentito il Ministro dell’Interno in carica, dà il suo nulla osta all’operazione, che però non è discrezionale nell’an.[13]

Dal 16 al 25 agosto 2018, l’allora Ministro degli Interni Matteo Salvini prima negò l’attracco e poi lo sbarco dei 177 migranti rimasti sulla nave Diciotti.

Partirono le indagini da parte della Procura di Agrigento, che iscrisse nel registro degli indagati il Ministro Salvini per sequestro di persona aggravato dall’abuso della qualità di pubblico ufficiale e della minore età di alcune delle vittime (ex art. 605, comma 3 c.p.).

Il 5 settembre, il fascicolo venne trasferito al Tribunale dei Ministri[14] di Palermo, competente per  materia, che il 18 ottobre inviò gli atti alla Procura di Palermo, dopo aver svolto per 41 giorni attente indagini che coinvolsero anche funzionari del Viminale e gli ufficiali della Guardia Costiera, ritenendo alla fine che la competenza territoriale fosse della Procura di Catania.

Si ricordi che la legge costistuzionale n. 1/1989[15] regolamenta quei reati commessi dal Presidente del Consiglio dei Ministri e dai Ministri, nell’esercizio delle loro funzioni (ex art. 96 Cost.): competente è la giurisdizione ordinaria, previa autorizzazione del Senato della Repubblica o della Camera dei deputati, secondo il dettato della detta legge costituzionale.

Il Tribunale ordinario, sulla scorta di una “valutazione di tipo tecnico-giuridico”, deve decidere sulla sussistenza del reato secondo la legge penale comune, mentre il Parlamento deve effettuare una valutazione politica (ex  art. 9 citata legge cosituzionale) e l’autorizzazione spetta alla Camera cui appartengono le persone nei cui confronti si deve procedere, spetta al Senato della Repubblica se le persone appartengono a Camere diverse o se si deve procedere esclusivamente nei confronti di soggetti che non sono membri di nessuna delle due Camere.

Nel caso di specie, il Tribunale escluse di dover valutare gli aspetti politici della questione consistita nel divieto di sbarco dei migranti, richiamando puntualmente in senso conforme una decisione delle Sezioni Unite della Cassazione[16], per cui “il carattere politico del reato, il movente che ha determinato il soggetto a delinquere, nonché il rapporto che può sussistere tra il reato commesso e l’interesse pubblico della funzione esercitata, proprio in conseguenza di quanto disposto dalla legge costituzionale n. 1/1989, sono criteri idonei a giustificare la concessione o negazione dell’autorizzazione a procedere da parte della Camera o del Senato, ma non sono certamente qualificabili come condizioni per la configurabilità dei reati ministeriali”.

Il Tribunale passò ad analizzare gli elementi costitutivi del reato contestato, operando una ricostruzione minuziosa, cronologica dei fatti, partendo dall’elemento oggettivo prestando particolare attenzione a stabilire da quale momento gli uffici competenti del Ministero dell’Interno avessero avuto il dovere giuridico di assegnare un POS ai migranti, perché da quel momento la permanenza sulla Diciotti sarebbe potuta essere considerata illegittima.

I giudici catanesi ricostruirono la vicenda a partire dall’avvistamento dell’imbarcazione, passando poi alla discussione sorta tra le autorità italiane e quelle maltesi su chi fosse tenuto secondo la normativa internazionale a prestare soccorso[17], individuando infine il sorgere dell’obbligo da parte delle Autorità italiane di indicare nel più breve tempo possibile un POS, ove i naufraghi sarebbero potuti sbarcare nel momento in cui, preso atto dell’indisponibilità di Malta, la Diciotti era stata autorizzata a dirigersi verso le coste siciliane.

Pertanto, secondo il Tribunale “l’omessa indicazione del POS da parte del Dipartimento per le libertà civili e per l’immigrazione, dietro precise direttive del MdI, ha determinato, dopo che alle ore 23.49 del 20 agosto l’unità navale Diciotti raggiungeva l’ormeggio presso il porto di Catania (così creando le condizioni oggettive per operare lo sbarco), una situazione di costrizione a bordo delle persone soccorse fino alle prime ore del 26 agosto (quando veniva avviata la procedura di sbarco a seguito dell’indicazione del POS nella tarda serata del 25 agosto dal competente Dipartimento, dietro nulla osta del Ministro), con conseguente apprezzabile limitazione della libertà di movimento dei migranti, integrante l’elemento oggettivo del reato contestato.

Non vi è dubbio, invero, che la protratta presenza dei migranti per cinque giorni a bordo di una nave ormeggiata sotto il sole in piena estate dopo avere già affrontato un estenuante viaggio durato diversi giorni, la necessità di dormire sul ponte della nave, le condizioni di salute precarie di numerosi migranti, la presenza a bordo di donne e bambini, costituiscono circostanze che manifestano le condizioni di assoluto disagio psico-fisico sofferte dai migranti a causa di una situazione di ‘costrizione’ a bordo non voluta e subita, sì da potersi qualificare come ‘apprezzabile’, e dunque, penalmente rilevante, l’arco temporale di privazione della libertà personale sofferto.”

Passando poi all’analisi dell’elemento soggettivo del reato, l’art. 605 c.p. richiede il dolo generico e quindi perché si configuri la fattispecie tipica è sufficiente la consapevolezza di infliggere alla persona offesa una illegittima privazione della libertà personale, irrilevanti sono invece gli scopi ulteriori perseguiti dall’agente.

Sulla “questione della riconducibilità dell’omessa indicazione del POS e del correlato divieto di sbarco a una precisa direttiva del Ministro dell’Interno,” il Tribunale non ha avuto dubbi ad attribuirla al Ministro Salvini, stanti le sue esternazioni pubbliche confermate peraltro da tutti i vertici amministrativi ascoltati in fase istruttoria. E la posizione apicale occupata dall’indagato (Salvini) ha portato il Tribunale a ritenere che questi non potesse non essere consapevole della “illegittimità della restrizione dell’altrui libertà”, alla luce della normativa internazionale di cui il Ministro non poteva ignorare l’esistenza, non avendo peraltro mai dichiarato di non conoscerla.

Infine, il Tribunale ha escluso la scriminante ex art. 51 c.p.: “Lo sbarco di 177 cittadini stranieri non regolari non poteva costituire un problema cogente di ‘ordine pubblico’ per diverse ragioni e in particolare:

  1. in concomitanza con il caso Diciotti, si era assistito ad altri numerosi sbarchi dove i migranti soccorsi non avevano ricevuto lo stesso trattamento;
  2. nessuno dei soggetti ascoltati da questo Tribunale ha riferito (come avvenuto invece per altri sbarchi) di informazioni sulla possibile presenza, tra i soggetti soccorsi, di ‘persone pericolose’ per la sicurezza e l’ordine pubblico nazionale”.

Il Tribunale attribuì alla volontà politica la decisione di avere impedito lo sbarco degli stranieri dalla Diciotti: “La decisione del Ministro non è stata adottata per problemi di ordine pubblico in senso stretto, bensì per la volontà meramente politica – “estranea” alla procedura amministrativa prescritta dalla normativa per il rilascio del POS – di affrontare il problema della gestione dei flussi migratori invocando, in base al principio di solidarietà, la ripartizione dei migranti a livello europeo tra tutti gli Stati membri”.

Le sentenze della Corte Costituzionale (n. 105/2001) e della Corte EDU (Khlaifia, 2016), richiamate dallo stesso Tribunale di Catania, hanno riconosciuto la garanzia della libertà personale anche agli stranieri in situazione di ingresso o soggiorno irregolari.

Il Tribunale di Catania concluse con l’affermare che alla base del divieto di sbarco c’erano finalità eminentemente politiche estranee ai doveri istituzionali del Ministro, pertanto, non avrebbe potuto trovare applicazione la scriminante di cui all’art. 51 c.p.

Ed erano quelle le motivazioni politiche alla base della sua decisione che avevano portato la Procura di Catania a chiedere l’archiviazione del procedimento per quel principio di separazione dei poteri che ne avrebbe impedito la sindacabilità.

I giudici del Tribunale di Catania però operarono un distinguo tra “atto politico”, insindacabile dal giudice penale e “atto amministrativo adottato sulla scorta di valutazioni politiche”, che invece non si sottrae al vaglio di legalità del giudice penale.

Ma comunque “non è giuridicamente tollerabile ex artt. 24 e 113 Cost. l’esistenza di una particolare categoria di atti dell’esecutivo in relazione ai quali il sindacato giurisdizionale a tutela dei diritti individuali possa essere limitato o addirittura escluso”.

Insindacabile dal potere giudiziario è solo l’atto politico che “afferisce a questioni di carattere generale che non presentino un’immediata e diretta capacità lesiva nei confronti delle sfere soggettive individuali”.[18]

Nel caso di specie, il rifiuto del POS è atto amministrativo dettato da motivazioni politiche, immediatamente lesivo dei diritti degli stranieri, in violazione della normativa interna e sovranazionale, che pertanto non rientra tra quelli sottratti al controllo giurisdizionale.[19]

Quali fossero le motivazioni politiche sottese sarebbe dovuto essere oggetto di valutazione del Senato ai fini della concessione o meno dell’autorizzazione a procedere.

Per il Tribunale di Catania l’ipotesi di reato c’era e giustificare l’archiviazione con il principio di separazione dei poteri non era corretto perché significava ritenere immuni i membri del Governo dalla giurisdizione penale.[20]   

La Camera competente nel caso di Salvini era il Senato, per effetto dell’art. 5 della legge costituzionale che ne prescrive la competenza per i Ministri che non sono parlamentari e dato che non vi erano altri soggetti inquisiti oltre allo stesso Salvini.

Il Senato però negò l’autorizzazione a procedere.

Una volta sbarcati, circa 44 migranti furono trasferiti a Rocca di Papa e lì incontrarono Giovanna Cavallo, coordinatrice dell’associazione Legal Aid, che spiegò loro la possibilità di ricorrere per ottenere il risarcimento in sede civile.

Il 13 dicembre 2018 depositarono ricorso ex art. 702-bis c.p.c., M., G., K., con altri connazionali eritrei, dinanzi al Tribunale di Roma per chiedere “la condanna del Governo italiano in persona del Presidente del Consiglio dei Ministro p.t. e del Ministero dell’Interno, in persona del Ministro p.t., al risarcimento dei danni non patrimoniali patiti in occasione dell’illegittima restrizione della libertà personale avvenuta, a bordo della nave della Guardia Costiera italiana U. Diciotti, dal 16 al 25 agosto 2018: nei primi quattro giorni a causa del mancato consenso all’attracco della nave nei porti italiani; nei successivi sei giorni, una volta permesso l’attracco della nave nel porto di Catania, a causa del mancato consenso allo sbarco sulla terra ferma; in subordine, limitatamente a quest’ultimo periodo, per il forzato ed arbitrario trattenimento sulla nave U. Diciotti nel porto di Catania senza che fosse loro consentito lo sbarco sulla terra ferma”.

Costituitosi sia il Ministero dell’Interno che la Presidenza del Consiglio dei Ministri, eccepirono in via preliminare il difetto assoluto di giurisdizione trattandosi di cosiddetto atto politico: eccezione accolta dal Tribunale di Roma.

I migranti impugnarono la sentenza e la Corte di Appello di Roma, con sentenza n. 1803/2024, pur ritenendo sussistere la giurisdizione ordinaria, perché non aveva reputato trattarsi di atto politico ma amministrativo, rigettò la domanda per carenza di colpa della P.A. e “non allegata dai ricorrenti e comunque da escludere alla luce delle concrete modalità con cui si è realizzato il fatto, nonché della complessità e della non univocità della normativa di riferimento”.

La sentenza della Corte di Appello di Roma è stata dunque impugnata in Cassazione, in ragione di un unico motivo: “violazione e/o falsa applicazione degli artt.  2043 e 2059 c.c. in relazione agli artt. 13, 24, 111 e 117 Cost., articolo 5 della Convenzione Europea dei Diritti dell’Uomo, art. 6 della Carta dei Diritti Fondamentali dell’Unione Europea ed artt. 7 e 14 della Direttiva 2008/115/CE”.

Con decreto del 10 ottobre 2024, la controversia è stata rimessa alla cognizione delle Sezioni Unite in relazione all’eccezione della giurisdizione proposta dal Ministero, con ricorso incidentale condizionato: “violazione e/o falsa applicazione dell’art. 7 c.p.a. in relazione all’art. 360, c. 1 n. 3 c.p.c.”, perché atto politico non atto amministrativo e quindi insindacabile dal potere giudiziario, avendo entrambi gli elementi, quello soggettivo della provenienza da un organo di Governo e quello oggettivo di espressione della funzione di indirizzo politico.

La Corte di Cassazione, a Sezioni Unite, ha annullato la sentenza della Corte di Appello di Roma affermando i seguenti principi di diritto.

In primis, la mancata autorizzazione allo sbarco non è atto politico ma “atto ontologicamente amministrativo“:

“Si è in presenza, piuttosto, di un atto che esprime una funzione amministrativa da svolgere, sia pure in attuazione di un indirizzo politico, al fine di contemperare gli interessi in gioco e che proprio per questo si innesta su una regolamentazione che a vari livelli, internazionale e nazionale, ne segna i confini. Le motivazioni politiche alla base della condotta non ne snaturano la qualificazione, non rendono, cioè, politico un atto che è, e resta, ontologicamente amministrativo. Non vi è dunque difetto assoluto di giurisdizione… Nella misura in cui l’ambito di estensione del potere discrezionale, anche quello amplissimo che connota un’azione di governo, è circoscritto da vincoli posti da norme giuridiche che ne segnano i confini o ne indirizzano l’esercizio, il rispetto di tali vincoli costituisce un requisito di legittimità e di validità dell’atto, sindacabile nelle sedi appropriate. E tra tali vincoli rilievo primario ha certamente il rispetto e la salvaguardia dei diritti inviolabili della persona. L’azione del Governo, ancorché motivata da ragioni politiche, non può mai ritenersi sottratta al sindacato giurisdizionale quando si ponga al di fuori dei limiti che la Costituzione e la legge gli impongono, soprattutto quando siano in gioco i diritti fondamentali dei cittadini (o stranieri), costituzionalmente tutelati”.

La Suprema Corte richiama una sua pregressa nozione di atto politico richiedente “stretta interpretazione” e avente “carattere eccezionale“. In particolare, evidenzia che “il principio di giustiziabilità degli atti del pubblico potere, di soggezione del potere alla legge ogni qualvolta esso entra in rapporto con i cittadini, costituisce un profilo basilare della Costituzione italiana. L’impugnabilità dell’atto è la regola: una regola orientata ad offrire al cittadino una concreta protezione della propria sfera soggettiva individuale contro le molteplici espressioni di potere in cui si concreta l’azione della pubblica amministrazione”.

Precisa in maniera netta che l’atto politico, in re ipsa insindacabile, è limitato ai soli ambiti di estrinsecazione del potere di governo non disciplinati dalla legge, atteso che, ove l’azione amministrativa sia definita da fonti normative, il loro rispetto va accertato dall’autorità giudiziaria: “la chiave di volta ai fini del giudizio di insindacabilità di un atto del potere pubblico è costituita, in generale, dalla mancanza di specifici parametri giuridici protesi a riconoscere posizioni di vantaggio meritevoli di protezione. (…) La giustiziabilità dell’atto dipende dalla regolamentazione sostanziale del potere. Se dunque esiste una norma che disciplina il potere, che ne stabilisce limiti o regole di esercizio, per quella parte l’atto è suscettibile di sindacato”.

Tra i vincoli che limitano la discrezionalità dell’azione di governo vanno individuati “il rispetto e la salvaguardia dei diritti inviolabili della persona. L’azione del Governo, ancorché motivata da ragioni politiche, non può mai ritenersi sottratta al sindacato giurisdizionale quando si ponga al di fuori dei limiti che la Costituzione e la legge gli impongono, soprattutto quando siano in gioco i diritti fondamentali dei cittadini (o stranieri), costituzionalmente tutelati”.

Sussiste, nel caso di specie, l’obbligo di soccorrere in mare le persone (cittadini o straneiri che siano) in difficoltà, anche sulla scorta della consuetudine, che è alla base di qualsivoglia convenzione internazionale[21], del diritto marittimo italiano ed è dovere di intervenire di tuti i soggetti pubblici e privati che hanno notizia di nave o persona in pericolo in qualsiasi zona di mare e trarli in salvo.

É stato chiarito il concetto di luogo sicuro e sbarco “nel più breve tempo ragionevolmente possibile”:

lo Stato responsabile del soccorso deve organizzare lo sbarco ‘nel più breve tempo ragionevolmente possibile’ (Convenzione SAR, capitolo 3.1.9), fornendo un luogo sicuro in cui terminare le operazioni di soccorso; … per ‘luogo sicuro’ si intende un ‘luogo’ in cui sia garantita non solo la ‘sicurezza’ – intesa come protezione fisica – delle persone soccorse in mare, ma anche il pieno esercizio dei loro diritti fondamentali, tra i quali, ad esempio, il diritto dei rifugiati di chiedere asilo … in capo agli Stati residua, infatti, un margine di ‘discrezionalità tecnica’ solo ai fini dell’individuazione del punto di sbarco più opportuno, tenuto conto del numero dei migranti da assistere, del sesso, delle loro condizioni psicofisiche nonché in considerazione della necessità di garantire una struttura di accoglienza e cure mediche adeguate … le operazioni di soccorso erano state di fatto assunte sotto la responsabilità di una autorità SAR italiana, la quale era tenuta in base alle norme convenzionali a portarle a termine, organizzando lo sbarco, nel più breve tempo ragionevolmente possibile”.

È stato evidenziato che il trattenimento dei migranti a bordo viola il diritto alla libertà personale ammessa solo  ex art. 5, par. 1, lett. f), 5 CEDU:

Occorre valutare se il trattenimento dei migranti a bordo della nave Diciotti integri, oppure no, un’arbitraria violazione della libertà personale. Rilievo particolare assume al riguardo l’art. 5 par. 1 lett. f) CEDU il quale ammette, eccezionalmente, la privazione della libertà personale nella peculiare ipotesi in cui si tratti dell’arresto o della detenzione regolari di una persona per impedirle di entrare illegalmente nel territorio, oppure di una persona contro la quale è in corso un procedimento di espulsione o di estradizione.

In tale prospettiva, però, escluso che il trattenimento a bordo della nave costiera di migranti non ancora compiutamente identificati (e potenzialmente titolari del diritto di asilo ex art. 10, terzo comma, Cost.) possa essere inquadrato nell’ambito di procedimenti di espulsione o di estradizione, non può nemmeno ipotizzarsi che detto trattenimento possa trovare copertura sovranazionale quale misura (assimilabile all’arresto o alla detenzione regolare) finalizzata a impedire l’ingresso illegale nel territorio.

Una tale interpretazione della norma convenzionale è stata chiaramente respinta dalla Corte EDU nella sentenza Khlaifia and Others vs. Italy, relativa ad un caso – per alcuni aspetti analogo a quello in esame – di trattenimento di migranti tunisini a bordo di navi, ormeggiate nel porto di Palermo, per effetto di un atto dell’Esecutivo”.

É stato esplicato il rapporto tra la responsabilità della Pubblica Amministrazione e il diritto a ottenere dalla stessa il risarcimento dei danni:

perché un evento dannoso sia imputabile a responsabilità della P.A., tale imputazione non potrà avvenire sulla base del mero dato obiettivo della illegittimità del provvedimento amministrativo, richiedendo, invece, una più penetrante indagine in ordine alla valutazione della colpa, che, unitamente al dolo, costituisce requisito essenziale della responsabilità aquiliana. La sussistenza di tale elemento sarà riferita non al funzionario agente, ma alla P.A. come apparato, e sarà configurabile qualora l’atto amministrativo sia stato adottato ed eseguito in violazione delle regole di imparzialità, correttezza e buona amministrazione alle quali deve ispirarsi l’esercizio della funzione amministrativa, e che il giudice ordinario ha il potere di valutare, in quanto limiti esterni alla discrezionalità amministrativa… Non si può, in linea di principio, escludere la rilevanza dell’errore scusabile commesso dalla P.A…. Elemento essenziale per la sussistenza dell’errore scusabile è, quindi, l’inevitabilità dello stesso, determinata da cause oggettive, estranee all’agente, che finisce per escludere la colpevolezza, intesa quale forma di qualificazione dell’azione soggettiva nelle fattispecie di responsabilità… L’accertamento dell’esistenza dell’errore scusabile, costituendo un accertamento fattuale, rientra nella competenza esclusiva del giudice di merito ed è incensurabile in Cassazione, se adeguatamente motivato…

É stato sottolineato il valore del  diniego a concedere l’autorizzazione a procedere:

Non può condurre a diversa conclusione il fatto che, nel caso della nave Diciotti… il Senato della Repubblica abbia negato l’autorizzazione a procedere nei confronti del Ministro dell’Interno… richiesta dal Tribunale dei Ministri di Catania per il reato di sequestro di persona pluriaggravato… la legge cost. n. 1 del 1989 è evidentemente diretta a garantire la funzione governativa attribuendo al Parlamento il potere di sottrarre alla giurisdizione penale ordinaria determinate condotte nei casi previsti dall’art. 9, comma 3 (‘interesse dello Stato costituzionalmente rilevante o ‘perseguimento di un preminente interesse pubblico nell’esercizio della funzione di Governo’). L’autorizzazione della Camera di appartenenza, secondo le norme stabilite con legge costituzionale, è prevista… solo per i reati commessi dal Presidente del Consiglio dei Ministri e dai Ministri nell’esercizio delle loro funzioni, anche se cessati dalla carica. Le norme di dettaglio regolano la procedura in una prospettiva esclusivamente penalistica.… Se principio cardine di uno Stato costituzionale di diritto è la giustiziabilità di ogni atto lesivo dei diritti fondamentali della persona, ancorché posto in essere dal Governo e motivato da ragioni politiche, la sottrazione dell’agire politico a tale sindacato – pur prevista, in presenza di determinati presupposti, da norma costituzionale – non può che costituirne l’eccezione, come tale soggetta a interpretazione tassativa e riferibile, dunque, solo alla responsabilità penale”.

Le Sezioni Unite hanno in definitiva accolto il ricorso principale, rigettato quello incidentale condizionato e cassato la sentenza, rinviando la causa alla Corte di Appello di Roma, in diversa composizione, anche per la regolamentazione delle spese del giudizio di legittimità.


[1]La SAR è l’Area di ricerca e di soccorso (SAR region): area marittima di dimensioni determinate abbinata ad un centro di coordinamento di soccorso, entro i limiti della quale sono forniti servizi di ricerca e di soccorso. (vd. Piano SAR matittimo nazionale I.M.R.C.C. 001 del Comando Generale del Corpo delle Capitanerie di Porto Guardia Costiera, edizione 2020, paragrafo n. 111 “Definizioni” lett. f).

[2]Tra i 190 migranti soccorsi vi erano 10 donne e 37 minori di cui molti non accompagnati.

[3]In Italia, la vigente legislazione e il Piano SAR Nazionale del 2020 attribuiscono dette competenze al Ministero dell’interno, al Ministero delle infrastrutture, al Ministero della difesa e a livello operativo, alla Centrale di coordinamento della Guardia costiera (IMRCC) e al Coordinamento della Marina militare (CINCNAV).

[4]Le Convenzioni Internazionali cui l’Italia ha aderito sono fonti di rango sovraordinato a quello costituzionale e in base agli artt. 10, 11 e 117 Cost. non possono essere derogate sulla scorta di scelte politiche.

[5]UNCLOS è l’acronimo di “Convenzione delle Nazioni Unite sul diritto del mare”. Essa enuncia il principio che tutti i problemi degli spazi oceanici sono strettamente collegati e devono essere affrontati nel loro complesso. Definisce, inoltre, linee guida che regolano le trattative, l’ambiente e la gestione delle risorse naturali dei mari e degli oceani.

[6]International Convention for the Safety of Life at Sea (SOLAS), 1974. Adottata il 1° novembre del 1974 è entrata in vigore in Italia il 25 maggio del 1980. La Convenzione SOLAS è considerata il più importante di tutti i trattati internazionali riguardanti la sicurezza delle navi mercantili. La prima versione fu adottata nel 1914, in risposta al disastro del Titanic, la seconda nel 1929, la terza nel 1948 e la quarta nel 1960. “L’obiettivo principale della Convenzione SOLAS è specificare standard minimi per la costruzione, l’equipaggiamento e il funzionamento delle navi, compatibili con la loro sicurezza. Gli Stati di bandiera sono responsabili di garantire che le navi sotto la loro bandiera rispettino i requisiti, e nella Convenzione sono prescritti diversi certificati come prova che ciò è stato fatto. Le disposizioni di controllo consentono inoltre ai governi contraenti di ispezionare le navi di altri Stati contraenti se vi sono fondati motivi per ritenere che la nave e il suo equipaggiamento non siano sostanzialmente conformi ai requisiti della Convenzione: questa procedura è nota come controllo dello Stato di approdo. L’attuale Convenzione SOLAS include articoli che stabiliscono obblighi generali, procedure di modifica e così via, seguiti da un allegato suddiviso in 14 capitoli”.

[7]IMO è l’acronimo di “Organizzazione marittima internazionale”, o meglio ”International Maritime Organization” ed è un istituto specializzato delle Nazioni Unite incaricato di sviluppare i principi e le tecniche della navigazione marittima internazionale per promuovere la progettazione e lo sviluppo del trasporto marittimo internazionale perché sia più sicuro e ordinato.

La convenzione dell’IMO adottata dai paesi membri prevede degli standard riguardanti le regole per prevenire gli abbordi in mare (COLREG), gli standard di costruzione e compartimentazione delle navi, nonché le dotazioni antincendio, impiantistiche, di sopravvivenza e salvataggio (SOLAS), la formazione e certificazione del personale marittimo (STCW).

[8]Emendata e ratificata dall’Italia, con Legge, 3 aprile 1989, n. 147, e dal relativo regolamento di esecuzione approvato con D.P.R., 28 settembre 1994, n. 662.

[9]È stato approvato con R.D., 30 marzo 1942, n. 327, in parte aggiornato con decreto legislativo 15 marzo 2006, n. 151

[10]L’assistenza a nave o ad aeromobile in mare o in acque interne, i quali siano in pericolo di perdersi, è obbligatoria, in quanto possibile senza grave rischio della nave soccorritrice, del suo equipaggio e dei suoi passeggeri, oltre che nel caso previsto nellarticolo 485, quando a bordo della nave o dellaeromobile siano in pericolo persone. Il comandante di nave, in corso di viaggio o pronta a partire, che abbia notizia del pericolo corso da una nave o da un aeromobile, è tenuto nelle circostanze e nei limiti predetti ad accorrere per prestare assistenza, quando possa ragionevolmente prevedere un utile risultato, a meno che sia a conoscenza che lassistenza è portata da altri in condizioni più idonee o simili a quelle in cui egli stesso potrebbe portarla”.

[11]Quando la nave o laeromobile in pericolo sono del tutto incapaci, rispettivamente, di manovrare e di riprendere il volo, il comandante della nave soccorritrice è tenuto, nelle circostanze e nei limiti indicati dallarticolo precedente, a tentarne il salvataggio, ovvero, se ciò non sia possibile, a tentare il salvataggio delle persone che si trovano a bordo. È del pari obbligatorio, negli stessi limiti, il tentativo di salvare persone che siano in mare o in acque interne in pericolo di perdersi”.

[12]Dalla descrizione delle operazioni compiuta  dal Tribunale dei Ministri di Catania, è  emerso che già il 15 agosto 2018  l’IMRCC di Roma era stata contattata mediante satellitare dai migranti a bordo del barcone avvistato, i quali avevano segnalato le difficoltà dell’imbarcazione a proseguire la navigazione.

[13]In questo senso si veda, nella Relazione del Tribunale dei Ministri di Catania, la dichiarazione del Capo di Gabinetto del Ministero dell’Interno, Prefetto Piantedosi, sentito dal Tribunale dei Ministri nel corso dell’istruttoria. Sulla stessa questione v. anche Relazione della Giunta delle Elezioni e delle Immunità Parlamentari

[14]Questo collegio ha poteri requirenti, ossia può condurre indagini, ascoltare le persone coinvolte e delegare gli investigatori per eventuali accertamenti. Al termine delle indagini preliminari, il Tribunale dei Ministri ha due possibilità: archiviare il caso oppure trasmettere gli atti alla Procura della Repubblica.

[15]La legge ha apportato modifiche degli articoli 96, 134 e 135 della Costituzione e alla legge costituzionale, 11 marzo 1953, n. 1, nonché alle norme in materia di procedimenti per i reati di cui all’articolo 96 della Costituzione.

È entrata in vigore il 18 gennaio 1989.

[16]Cass., Sez. Unite, n. 14/1994.

[17]Il Tribunale di Catania ha definito il comportamento delle autorità maltesi “moralmente censurabile”.

[18]Il Tribunale cita a titolo esemplificativo l’adozione di decreti leggi e di decreti legislativi, o la stipula di un’intesa con una confessione religiosa ex art. 8, comma 3 Cost.

[19]L’atto del Ministro Sen. Matteo Salvini costituisce un atto amministrativo che, perseguendo finalità politiche ultronee rispetto a quelle prescritte dalla normativa di riferimento, ha determinato plurime violazioni di norme internazionali e nazionali, che hanno comportato lintrinseca illegittimità dellatto amministrativo censurata da questo Tribunale (). Va dunque sgomberato il campo da un possibile equivoco e ribadito come questo Tribunale intenda censurare non già un atto politico dellEsecutivo, bensì lo strumentale ed illegittimo utilizzo di una potestà amministrativa di cui era titolare il Dipartimento delle libertà civili e dellimmigrazione, che costituisce articolazione del Ministero dellinterno presieduto dal Sen. Matteo Salvini” (provvedimento del Tribunale di Catania).

[20]Nella relazione del Tribunale di Catania, Sezione Reati Ministeriali si chiese, per il tramite del Procuratore della Repubblica presso il Tribunale di Catania, l’autorizzazione a procedere da parte del Senato nei confronti di Matteo Salvini “per avere, nella sua qualità di Ministro dellInterno, abusando dei suoi poteri, privato della libertà 117 migranti di varie nazionalità giunti al porto di Catania a bordo dell’unità navale U. Diciotti della Guardia Costiera italiana alle ore 23.49 del 20 agosto 2018. In particolare, il Sen. Matteo Salvini, nella sua qualità di Ministro, violando le Convenzioni Internazionali in materia di soccorso in mare e le correlate norme di attuazione internazionale (Convenzione Sar, Risoluzione MSC 167-78, Direttiva SOP 009/15), non consentendo senza giustificato motivo al competente Dipartimento per la libertà civili e limmigrazione costituente articolazione del Ministero dellInterno di esitare tempestivamente la richiesta di POS (place of safety) presentata formalmente da IMRCC (Italian Maritime Rescue Coordination Center) alle ore 22.30 del 17 agosto 2018, bloccava la procedure di sbarco dei migranti, così determinando consapevolmente lillegittima privazione della libertà personale di questi ultimi, costretti a rimanere in condizione psico-fisiche critiche a bordo della nave U. Diciotti ormeggiata nel porto di Catania dalle ore 23.49 del 20 agosto fino alla tarda sera del 25 agosto, momento in cui veniva autorizzato lo sbarco. Fatto commesso dallessere stato commesso da un pubblico ufficiale e con abuso dei poteri inerenti alle funzioni esercitate, nonchè per essere stato commesso anche in danno di soggetti minori. fattocommesso in Catania dal 20 al 25 agosto 2018”.

[21]Le Convenzioni internazionali in materia, cui lItalia ha aderito, costituiscono, dunque, un limite alla potestà legislativa dello Stato e, in base agli artt. 10, 11 e 117 della Costituzione, non possono costituire oggetto di deroga sulla base di scelte e valutazioni discrezionali dellautorità politica, poiché assumono, in base al principio pacta sunt servanda’, un rango gerarchico superiore rispetto alla disciplina interna. Tale obbligo trova una più dettagliata enunciazione, con riguardo alla specifica attività di soccorso in mare, nella Convenzione per la salvaguardia della vita umana in mare (cosiddetta Convenzione SOLAS, acronimo di Safety Of Life At Sea, del 1974), nella Convenzione internazionale sulla ricerca e il soccorso in mare (cosiddetta Convenzione SAR, acronimo per Search And Rescue, anche nota come Convenzione di Amburgo, ratificata dallItalia con legge 3 aprile 1989, n. 147) , nonché nella Convenzione delle Nazioni Unite di Montego Bay sul Diritto del Mare del 1982 (cosiddetta Convenzione UNCLOS, acronimo per United Nations Convention on the Law of the Sea, ratificata dallItalia con legge 2 dicembre 1994, n. 689)” (Cass., Sezioni Unite, sentenza n. 5992/2025).

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